La teoria svedese dell'amore: focus sulla popolazione di individui più indipendenti al mondo
Dall’autore di Videocracy, arriva nei cinema italiani l’ultimo film dell’italo-svedese Erik Gandini, il documentario La teoria svedese dell’amore, che sarà in sala dal 22 settembre, distribuito da Lab 80 film.
Un viaggio nei buchi neri della società che ha creato gli individui più indipendenti al mondo e una riflessione sullo svuotamento delle relazioni con l’affermazione della “società degli individui” nel mondo occidentale
Narrato in italiano dalla voce dello stesso Gandini, il film ci racconta del sistema perfettamente organizzato della socieà svedese, in cui l'obiettivo primario è l’autonomia totale di ogni persona dalle altre. Un modello sociale realizzato, che si va affermando in tutto l’Occidente.
Sin dagli anni Settanta, grazie alla pianificazione a tavolino da parte dell’élite politica di allora di una società votata all’autonomia dell’individuo, la Svezia ha generato cittadini liberi da qualsiasi dipendenza: gli adolescenti dai genitori, le mogli dai mariti, gli anziani dai figli. Oggi quella svedese è una società in cui sempre più vite si snodano in modo solitario, in cui nessuno ha bisogno di chiedere sostegno ad altri e in cui il senso di comunità sembra smarrito. Così nel film si susseguono le immagini di solitari donatori di sperma, che permettono a un numero crescente di donne di diventare madri single; di appartamenti surreali e desolanti dei sempre più numerosi “morti dimenticati” e di aree residenziali destinate a diventare mere aree di transito.
"Come può una società perfettamente sicura e organizzata generare tanta insoddisfazione?", si chiede Gandini nel suo lavoro. Che inevitabilmente suggerisce un ulteriore interrogativo: quello svedese è un modello “futurista” destinato a realizzarsi anche nei paesi del Sud Europa, Italia compresa?
Gandini racconta anche alcuni tentativi di resistenza: quello dei gruppi di giovani che si ritirano nelle foreste per condividere emozioni e contatto fisico; quello di un medico di successo che emigra in Etiopia dove, nonostante operare e curare sia un’impresa ai limiti dell’impossibile, ritrova il senso di comunità. Al termine del film un contributo del sociologo Zygmunt Bauman, che spiega come l’assenza di problemi non sia di fatto in grado di generare esistenze felici.
"Il mio è un film provocatorio – spiega Erik Gandini -, mi sono focalizzato sulle ombre che esistono nel sistema sociale svedese, il più individualista al mondo. Mi piace mettere in discussione le idee più indiscutibili e questo modello di società in Svezia è assolutamente intoccabile. L’obiettivo del mio lavoro è insinuare un dubbio: se l’ossessione per l’autosufficienza e il mito dell’autonomia dell’individuo si rivelassero essere una strada a fondo chiuso?"