Arriva in sala "Arrivederci Saigon", il film di Wilma Labate che racconta della band toscana spedita in Vietnam nel '68, Le Stars
Arrivederci Saigon, il documentario diretto da Wilma Labate accolto con entusiasmo alla 75esima Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia, arriva in sala il 31 ottobre distribuito da Cinecittà Luce, preceduto da una settimana di anteprime in Toscana che toccheranno Firenze, Piombino, Prato e Pisa.
Tutte le anteprime saranno accompagnate dalla regista Wilma Labate e dalle protagoniste (“Le Stars”) che si sono ritrovate assieme a Venezia esattamente 50 anni dopo la loro avventura in Vietnam.
Il film racconta l’incredibile storia de “Le Stars” (Viviana Tacchella, Rossella Canaccini, Daniela Santerini e Franca Deni), la giovanissima band italiana che dalla provincia toscana viene spedita inaspettatamente in Vietnam, a suonare nella base militare americana.
Hanno il look tipico delle ragazze beat degli anni Sessanta: capelli e gonne corte, pantaloni stretti e occhi bistrati di nero. Sono Rossella, Viviana, Daniela, Franca e Manuela, una delle poche girl band italiane dell’epoca. Formano il gruppo nel 1967 e ottengono subito un discreto successo. Suonano bene e la cantante Rossella ha una bella voce, calda e roca.
Sono giovanissime e vengono tutte dalla provincia industriale toscana, la provincia rossa d’Italia, quella delle case del popolo e del PCI.
Uscire da questa provincia per loro è un sogno, ma siamo nel 1968 e tutto è possibile. Ricevono un’offerta che non si può rifiutare: una tournée in Estremo Oriente: Manila, Hong Kong, Singapore.
Le Stars non hanno mai preso un aereo, non sono mai state all’estero, parlano un inglese stentato, imparato sui testi delle canzoni americane, ma si buttano con entusiasmo in questa nuova avventura. A Manila, però, le cinque ragazze scoprono la verità: il loro impresario ha stipulato un accordo con un ambiguo intermediario filippino, la loro vera destinazione è il Vietnam e il loro nuovo pubblico i soldati delle basi militari. Le Stars non hanno i soldi per il volo di ritorno e si ritrovano così su un aereo militare diretto a Saigon.
Mentre le famiglie le credono in Oriente a mietere successi, le ragazze conoscono la guerra e i giovani americani costretti a combatterla, a volte senza capirla. Imparano a suonare il soul, la musica dell’anima tanto amata dai soldati neri. È soprattutto per loro, per i giovani soldati afroamericani che affollano le prime linee più dei bianchi, che Le Stars suonano durante i tre mesi della loro avventurosa tournée in Vietnam.
Non è un pubblico facile, ma Rossella con la sua voce intensa e sensuale, riesce a conquistarli. Diventano amici, qualcuno muore, qualcuno le ascolta nel concerto successivo. Le ragazze legano in particolare con i giovani che insegnano loro le parole dei brani musicali - alcuni di loro sanno anche suonare - e con il tecnico tedesco che le accompagna di base in base.
Il ritorno in Italia, però, è amaro. Per le famiglie, gli amici, i compagni della sezione del Pci, gli studenti protagonisti del ’68, le Stars sono da emarginare. Per chi ha suonato per gli yankees non c’è nessuna pietà. E così la storia della loro tournée fra Saigon e le basi americane è rimasta sepolta per cinquant'anni, quasi come una colpa di cui è meglio dimenticarsi.
Oggi sono tutte tranquille signore di provincia. Vivono tra la Toscana e la Sardegna. La musica non le ha mai abbandonate e quei mesi a cavallo fra il 1968 e il 1969 hanno cambiato per sempre le loro vite in maniera imprevedibile. Perché là, fra il Mekong e gli altipiani piovosi, hanno imparato cose che i loro coetanei in Italia non potevano capire. E hanno vissuto in prima persona il significato di una piccola, grande parola. Soul.
“È il 1968 e mentre in Italia i giovani occupano le scuole, rinnegano l’autorità di una famiglia patriarcale, rivoluzionano i costumi governati dalla chiesa e decidono di essere soggetti politici - racconta la regista - cinque ragazzine della provincia toscana imparano il Soul insieme ai soldati afroamericani in Vietnam. Ancora un altro ’68, tra i tanti, a distanza di cinquant’anni. La sfida è quella di raccontare la Storia con lo sguardo delle protagoniste poco più che adolescenti, riaprendo un capitolo tra i più conflittuali del Novecento con la memoria e la leggerezza di una esperienza incredibile che ha segnato per sempre la loro vita”.
Tra un film e l’altro Wilma Labate gira molti documentari, da Genova 2001 alla Palestina, agli anarchici odierni alla fatica del lavoro, convinta che il documentario sia una forma espressiva autentica e necessaria. Tra gli ultimi lavori Raccontare Venezia, Le navi dei veleni e Qualcosa di noi, storia dell’incontro tra una prostituta e un gruppo di giovani aspiranti scrittori. Tra i lungometraggi ricordiamo La mia generazione, un viaggio da sud a nord di un furgone blindato con a bordo un capitano dei carabinieri e un detenuto politico. Domenica che racconta Napoli attraverso gli occhi di una bambina dal futuro incerto e un poliziotto gravemente malato. Signorina Effe che racconta la storia d’amore fra un’impiegata e un operaio della Fiat durante i 35 giorni di lotta fuori ai cancelli della fabbrica nel 1980.
Arrivederci Saigon è scritto e diretto da Wilma Labate, Il soggetto è di Wilma Labate e Giampaolo Simi, la fotografia di Daniele Ciprì, il montaggio di Mario Marrone, il suono di Gianfranco Tortora, il produttore artistico Gianluca Arcopinto, è prodotto daEmanuele Nespeca, Gabriele Trama. Il film è prodotto da Solaria Film, TraLab con Rai Cinema in collaborazione con AAMOD – Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico | RAI COM – Teche Rai. È distribuito in sala da Cinecittà Luce. Distribuzione internazionale RAI COM.
Ecco il trailer: