ROBINU’ documentario di Michele Santoro It. 2016 .
una videocamera in agguato.
Quando una inchiesta giornalistica diventa una vera opera di impegno culturale, capace di incidere sulla realtà quel tanto che permette alla società tutta di riflettere e di poter agire in conseguenza, allora possiamo affermare che il reportage e il giornalista, o l’autore ,hanno raggiunto uno scopo, hanno avuto il merito di raggiungere e di aggredire positivamente l’argomento in oggetto per comunicare una verità tra le tante esistenti, forse quella giusta. Santoro, autore di tante inchieste e programmi TV di interesse nazionale ha preferito affrontare il documentario, così con la regola dell’inchiesta classica cioè del giornalismo di tradizione, che ha avuto in Italia precedenti illustri, e possiamo ricordare, tenendoci in tema con l’argomento di Robinù ovvero la mala vita napoletana ,con le inchieste di Joe Marrazzo, ma addirittura cogliendo uno stile documentaristico alla maniera di Mario Soldati, scrittore prestato alla televisione e al cinema, autore di leggendarie inchieste di costume e vita sociale del popolo italiano mentre si riscontrano analogie di linguaggio più evidenti , nei reportage di Nanni Loy , dove i protagonisti erano persone catturate e intervistate direttamente nei luoghi dove vivevano. Qui l’impegno è stato diverso, siamo di fronte ad una serie di interviste a giovani criminali, ai loro parenti , e amici, e che o dal carcere o da altri luoghi, raccontano la storia di un fenomeno in ascesa nelle grandi metropoli, non solo italiane , come la criminalità delle bande giovanili, dette impropriamente Baby gang per via della giovanissima età dei partecipanti. Ma , qui si tenta anche un coinvolgimento di tutte le istituzioni ,sia politiche che sociali e di governo dello Stato nella richiesta di ragioni , del fenomeno, dunque tentando di ottenere una risposta sulle possibili soluzioni . La malavita giovanile è una vicenda drammatica con dei costi altissimi in vite umane stroncate da veri killer che sparano con armi da guerra in pieno centro della città , a Napoli come altrove. Robinù è il contro nome di Michele un Killer dichiarato, che la sua famiglia il padre i fratelli hanno perso, poiché seppure in vita, ovvero scampato alla morte certa , non è in grado di vivere una vita normale , pure scontando una pena carceraria. Questo ed altri esempi di giovani , si raccontano , senza finzioni o protagonismi, dal vivo , davanti alla videocamera , presentando una terribile realtà umana disperante per chiunque la ignori. Ma al contempo questa realtà, Non sembra risolversi con la semplice repressione, Il regime carcerario , viene rappresentato nel film , come una fucina di criminali ,meno che mai una redenzione o riscatto di una vita votata alla delinquenza. Allo spettatore rimane una riflessione su altre soluzioni. (mauridal).
Recensioni
Robinù (2016)
17 Giugno 2017 08:01
MAURIDAL
3,0 (su 1 voto)
Accedi per votare!ROBINU’ documentario di Michele Santoro It. 2016 .
una videocamera in agguato.
Quando una inchiesta giornalistica diventa una vera opera di impegno culturale, capace di incidere sulla realtà quel tanto che permette alla società tutta di riflettere e di poter agire in conseguenza, allora possiamo affermare che il reportage e il giornalista, o l’autore ,hanno raggiunto uno scopo, hanno avuto il merito di raggiungere e di aggredire positivamente l’argomento in oggetto per comunicare una verità tra le tante esistenti, forse quella giusta. Santoro, autore di tante inchieste e programmi TV di interesse nazionale ha preferito affrontare il documentario, così con la regola dell’inchiesta classica cioè del giornalismo di tradizione, che ha avuto in Italia precedenti illustri, e possiamo ricordare, tenendoci in tema con l’argomento di Robinù ovvero la mala vita napoletana ,con le inchieste di Joe Marrazzo, ma addirittura cogliendo uno stile documentaristico alla maniera di Mario Soldati, scrittore prestato alla televisione e al cinema, autore di leggendarie inchieste di costume e vita sociale del popolo italiano mentre si riscontrano analogie di linguaggio più evidenti , nei reportage di Nanni Loy , dove i protagonisti erano persone catturate e intervistate direttamente nei luoghi dove vivevano. Qui l’impegno è stato diverso, siamo di fronte ad una serie di interviste a giovani criminali, ai loro parenti , e amici, e che o dal carcere o da altri luoghi, raccontano la storia di un fenomeno in ascesa nelle grandi metropoli, non solo italiane , come la criminalità delle bande giovanili, dette impropriamente Baby gang per via della giovanissima età dei partecipanti. Ma , qui si tenta anche un coinvolgimento di tutte le istituzioni ,sia politiche che sociali e di governo dello Stato nella richiesta di ragioni , del fenomeno, dunque tentando di ottenere una risposta sulle possibili soluzioni . La malavita giovanile è una vicenda drammatica con dei costi altissimi in vite umane stroncate da veri killer che sparano con armi da guerra in pieno centro della città , a Napoli come altrove. Robinù è il contro nome di Michele un Killer dichiarato, che la sua famiglia il padre i fratelli hanno perso, poiché seppure in vita, ovvero scampato alla morte certa , non è in grado di vivere una vita normale , pure scontando una pena carceraria. Questo ed altri esempi di giovani , si raccontano , senza finzioni o protagonismi, dal vivo , davanti alla videocamera , presentando una terribile realtà umana disperante per chiunque la ignori. Ma al contempo questa realtà, Non sembra risolversi con la semplice repressione, Il regime carcerario , viene rappresentato nel film , come una fucina di criminali ,meno che mai una redenzione o riscatto di una vita votata alla delinquenza. Allo spettatore rimane una riflessione su altre soluzioni. (mauridal).