The Place (2017)

21 Dicembre 2017    12:54

Giacomo Sorrentino

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The Place rappresenta, a primo impatto, l’emblema del dibattito su uomo e libero arbitrio. Ma a ben vedere il logos si fa molto più ampio, e ingloba non soltanto capacità di scelta e moralità della stessa, ma anche un sentimentalismo del destino, condito da sfumature caratteriali e interrogativi insoluti dalla notte dei tempi. I protagonisti che ruotano attorno al “prestigiatore” da bar, che muove le redini di otto persone, come se stesse incastrando i fili di alcune marionette l’uno con l’altro, si presenta come un personaggio freddo, impassibile, distaccato. Non ha un nome. Non ha una vita ‘propria’. Non ha un trascorso. Sebbene lo spettatore analizzi con minuzia ogni sua mossa, per cercare di capire che ruolo, in fondo, ricopra nella trama, egli rimane, per intento di Genovese, al di fuori di ogni possibile analisi. Come il destino stesso, che, ci dice il regista, non sceglie per noi, noi nemmeno scegliamo per lui. Esiste invece qualcosa di ancora più alto di un destino scritto, di un destino sognato, di un Dio che ci governa, che a noi sfugge sempre, ed è quello che in fin dei conti chiamiamo il significato della vita. Rappresentativo di questo concetto è proprio il triangolo tra Gigi (Vinicio Marchioni), padre che vive il dramma della malattia del figlio, Odoacre (Rocco Papaleo), meccanico dall’equilibrio psicologico precario, e infine la bambina. Entrambi i personaggi maschili aspirano all’esaudirsi del proprio desiderio, e chiedono all’uomo di aiutarli, ma ciò che questo richiede, implica che ad uno dei due venga sottratta questa possibilità. Per ottenere quello che vogliono, infatti, il primo deve uccidere la bambina, sporcandosi di un atroce delitto, mentre il secondo deve proteggerla dall’ombra di questo pericolo. Non possono ‘vincere’ entrambi. Non possono soddisfare le richieste dell’uomo entrambi. Eppure, con la strafottenza tipica di chi ne rimane fuori, quest’ultimo li beffeggerà, sostenendo di aver dato a tutti e due dei compiti possibili. La possibilità, più che la moralità, è il vero tema centrale del film. Ognuno degli ‘otto’ nell’epilogo, risponde alla propria coscienza. Ma tutti hanno avuto delle possibilità: ben indirizzate, mal indirizzate, sprecate, ma comunque le hanno avute, e hanno scelto. Che l’uomo rappresenti Dio, il destino o un demone, poco importa. Ciò che davvero viene messo sulla bilancia è il desiderio, l’ambizione sconfinata di noi uomini a bramare l’oggetto, che a volte ci offusca la mente, allontanandoci dalle strade che in realtà sarebbero state le più sorprendenti e ‘giuste’ per noi. Allora la vita ci guarda, ci osserva, e ci comunica che non possiamo avere tutto quello che vogliamo, e che la nostra felicità non deriva necessariamente da questa cieca ambizione. Se con l’interpretazione magistrale di Giulia Lazzarini, la signora Marcella dopo molti dubbi e tentennamenti, decide di non scendere a compromessi, Azzurra (Vittoria Puccini) arriva invece a pagare le conseguenze delle sue azioni, scoprendo che una volta raggiunto quello che voleva, non si sente soddisfatta come previsto. Se l’apparente desiderio di ritrovare la fede di suor Chiara (Alba Rohrwacher) sfocia nell’egoistica aspirazione ad avere un figlio tenendo all’oscuro il padre, il cieco Fulvio (Alessandro Borghi) tra exploit di dannazione e senso di colpa, riuscirà ad acquistare quella vista che serve per guardare con gli occhi interiori? 
Il giudizio si astrae, e The Place ci racconta con amarezza e realismo la storia universale dell’uomo. Una storia di coscienza, conflitto, esclusione, e disequilibrio, ma che non ci porta lontano dalla felicità più di quanto non lo vogliamo.