In questi giorni ritorna felicemente nelle sale cinematografiche italiane il regista coreano Kim Ki-Duk con il suo ultimo film "Il Prigioniero Coreano".
Il protagonista di questa pellicola è un semplice pescatore di un villaggio della Corea del Nord posto al confine con quella del Sud, il quale ogni mattina si reca al fiume con la sua barca per pescare e procacciare un misero pasto alla sua famiglia composta da una moglie ed una bambina. Un giorno la rete da pesca gli si impiglia nel motore della barca e, non riuscendo più a farlo ripartire, egli viene trascinato dalla corrente del fiume oltre il confine e, dunque, nel territorio della nemica Corea del Sud. Da qui inizierà per lui un calvario lungo e doloroso, anche fisicamente, in quanto, preso prigioniero dalla polizia locale, verrà da questa accusato di spionaggio. Una volta lasciato ripartire e ritornato nella natia Corea del Nord, il protagonista ugualmente dovrà subire lo stesso 'iter' accusatorio e, nonostante il proprio comportamento sempre leale ed onesto nel confronti del suo Governo, si dirigerà verso una fine immeritata.
Kim Ki-Duk con questa pellicola affronta in maniera diretta la tematica che gli interessa trattare anzichè, come nelle sue opere precedenti, esporla attraverso un simbolismo ed un lirismo poetico elevati. "Il Prigioniero Coreano" è, infatti, un film straziante e molto crudo ma, più che per le scene presentate che sono brevi ed esigue di numero, nel significato stesso del tema affrontato riguardante la politica e la natura umana in generale e che la genera. La visione del regista è quanto mai negativa e pessimista: le due Coree che egli presenta nella loro realtà più vera attraverso il regime ed l' indrottinamento politico di ciascuna mette in luce quanto entrambi i sistemi politici e, più estesamente, l'animo umano in sè, pur in differenti contesti, siano uguali poichè dalel stesse debolezze e difetti. insomma, nessuno si salva fuorchè il protagonista a cui, a guisa di figura quasi irreale, non spetta però una bella fine ed alcuna ricompensa. Il suo idealismo e le sue onestà ed integrità non si confanno e non si amalgamano con il mondo circostante corrotto e spietato e, dunque, non possono continuare ad esistere.
Cinema di qualità.
Recensioni
Il Prigioniero Coreano (2016)
18 Aprile 2018 14:01
flyanto1
0,0 (su 0 voti)
Accedi per votare!In questi giorni ritorna felicemente nelle sale cinematografiche italiane il regista coreano Kim Ki-Duk con il suo ultimo film "Il Prigioniero Coreano".
Il protagonista di questa pellicola è un semplice pescatore di un villaggio della Corea del Nord posto al confine con quella del Sud, il quale ogni mattina si reca al fiume con la sua barca per pescare e procacciare un misero pasto alla sua famiglia composta da una moglie ed una bambina. Un giorno la rete da pesca gli si impiglia nel motore della barca e, non riuscendo più a farlo ripartire, egli viene trascinato dalla corrente del fiume oltre il confine e, dunque, nel territorio della nemica Corea del Sud. Da qui inizierà per lui un calvario lungo e doloroso, anche fisicamente, in quanto, preso prigioniero dalla polizia locale, verrà da questa accusato di spionaggio. Una volta lasciato ripartire e ritornato nella natia Corea del Nord, il protagonista ugualmente dovrà subire lo stesso 'iter' accusatorio e, nonostante il proprio comportamento sempre leale ed onesto nel confronti del suo Governo, si dirigerà verso una fine immeritata.
Kim Ki-Duk con questa pellicola affronta in maniera diretta la tematica che gli interessa trattare anzichè, come nelle sue opere precedenti, esporla attraverso un simbolismo ed un lirismo poetico elevati. "Il Prigioniero Coreano" è, infatti, un film straziante e molto crudo ma, più che per le scene presentate che sono brevi ed esigue di numero, nel significato stesso del tema affrontato riguardante la politica e la natura umana in generale e che la genera. La visione del regista è quanto mai negativa e pessimista: le due Coree che egli presenta nella loro realtà più vera attraverso il regime ed l' indrottinamento politico di ciascuna mette in luce quanto entrambi i sistemi politici e, più estesamente, l'animo umano in sè, pur in differenti contesti, siano uguali poichè dalel stesse debolezze e difetti. insomma, nessuno si salva fuorchè il protagonista a cui, a guisa di figura quasi irreale, non spetta però una bella fine ed alcuna ricompensa. Il suo idealismo e le sue onestà ed integrità non si confanno e non si amalgamano con il mondo circostante corrotto e spietato e, dunque, non possono continuare ad esistere.
Cinema di qualità.