The Escape” del regista britannico Dominic Savage, come si evince dal titolo stesso, è un film che parla di una fuga e, precisamente, di quella della protagonista (Gemma Arterton) da un matrimonio ormai finito. Ella è una donna sposata ad un uomo che la ama, che provvede a mantenere la famiglia in una certa agiatezza ed amorevole con i loro due bambini, ma la protagonista avverte ugualmente un senso di insoddisfazione che cresce giorno per giorno per la sua vita dedita esclusivamente alla cura dei propri cari e della casa. Ella vorrebbe di più o, meglio, vorrebbe dedicarsi a qualcosa che la appassioni come, per esempio, il disegno od un'altra attività artistica, che la soddisfacesse maggiormente di quelle uniche di consorte e mamma, e più rispondente direttamente alle proprie inclinazioni naturali di donna. In conclusione, la donna desidererebbe una vita intellettualmente più stimolante di quella routinaria e casalinga che invece svolge. Pur avendo una certa comprensione e sostegno da parte del marito in queste sue innocenti aspirazioni, la donna giunge ugualmente ad un tale esaurimento nervoso, rasente quasi addirittura la depressione, che un giorno, in seguito anche ad un litigio col consorte, decide di fuggire a Parigi ed allontanarsi così per il momento dall’opprimente ambiente familiare. Questa sua breve fuga, le sarà estremamente utile al fine per prendere delle decisioni importanti sulla sua vita futura.
Con questo intenso dramma familiare, Dominic Savage firma una pellicola ben precisa e quanto mai realistica sulle crisi matrimoniali e soprattutto sullo stato di insoddisfazione che molte donne, purtroppo, vivono e mal sopportano, sentendosi come in una prigione, all’interno della loro famiglia. Il regista prende in esame principalmente il menage matrimoniale di una coppia ma il senso di insoddisfazione, di mancata realizzazione personale e, dunque, di completa inutilità ed infelicità, può essere esteso anche alla condizione femminile delle donne in generale anche non sposate. In “The Escape”, dunque, Savage presenta la suddetta problematica all’interno di un ambiente familiare con l’intento appunto di dimostrare che, nonostante l’affetto sincero dei propri cari ed una condizione economica e sociale agiata, l’insoddisfazione personale, quando si verifica, fa ugualmente soffrire un individuo a tal punto che, sospeso ogni giudizio morale, si rende assolutamente necessario trovare il coraggio di compiere una svolta definitiva nella propria triste esistenza. Solo così si può raggiungere la propria realizzazione personale e la conseguente felicità sia pure pagando il caro prezzo delle dolorose scelte e delle eventuali conseguenze.
Con una regia nitida e rigorosa, Savage riesce ben a centrare e presentare la tematica da lui affrontata, con un’analisi profonda e sensibile che scandaglia la problematica da ogni punto di vista. Inoltre, a ciò si aggiunge l’ottima interpretazione della bella Gemma Arterton nella parte della protagonista, che ben riesce ad esprimere e comunicare il suo senso di frustrazione, di dolorosa e crescente sofferenza, i suoi dubbi, insomma, il suo malessere fisico e soprattutto psicologico, comunicando una sensazione di claustrofobia interiore anche direttamente allo spettatore in sala.
Del tutto consigliabile, ma non allegro.
Recensioni
The Escape (2017)
28 Giugno 2018 18:51
flyanto1
0,0 (su 0 voti)
Accedi per votare!The Escape” del regista britannico Dominic Savage, come si evince dal titolo stesso, è un film che parla di una fuga e, precisamente, di quella della protagonista (Gemma Arterton) da un matrimonio ormai finito. Ella è una donna sposata ad un uomo che la ama, che provvede a mantenere la famiglia in una certa agiatezza ed amorevole con i loro due bambini, ma la protagonista avverte ugualmente un senso di insoddisfazione che cresce giorno per giorno per la sua vita dedita esclusivamente alla cura dei propri cari e della casa. Ella vorrebbe di più o, meglio, vorrebbe dedicarsi a qualcosa che la appassioni come, per esempio, il disegno od un'altra attività artistica, che la soddisfacesse maggiormente di quelle uniche di consorte e mamma, e più rispondente direttamente alle proprie inclinazioni naturali di donna. In conclusione, la donna desidererebbe una vita intellettualmente più stimolante di quella routinaria e casalinga che invece svolge. Pur avendo una certa comprensione e sostegno da parte del marito in queste sue innocenti aspirazioni, la donna giunge ugualmente ad un tale esaurimento nervoso, rasente quasi addirittura la depressione, che un giorno, in seguito anche ad un litigio col consorte, decide di fuggire a Parigi ed allontanarsi così per il momento dall’opprimente ambiente familiare. Questa sua breve fuga, le sarà estremamente utile al fine per prendere delle decisioni importanti sulla sua vita futura.
Con questo intenso dramma familiare, Dominic Savage firma una pellicola ben precisa e quanto mai realistica sulle crisi matrimoniali e soprattutto sullo stato di insoddisfazione che molte donne, purtroppo, vivono e mal sopportano, sentendosi come in una prigione, all’interno della loro famiglia. Il regista prende in esame principalmente il menage matrimoniale di una coppia ma il senso di insoddisfazione, di mancata realizzazione personale e, dunque, di completa inutilità ed infelicità, può essere esteso anche alla condizione femminile delle donne in generale anche non sposate. In “The Escape”, dunque, Savage presenta la suddetta problematica all’interno di un ambiente familiare con l’intento appunto di dimostrare che, nonostante l’affetto sincero dei propri cari ed una condizione economica e sociale agiata, l’insoddisfazione personale, quando si verifica, fa ugualmente soffrire un individuo a tal punto che, sospeso ogni giudizio morale, si rende assolutamente necessario trovare il coraggio di compiere una svolta definitiva nella propria triste esistenza. Solo così si può raggiungere la propria realizzazione personale e la conseguente felicità sia pure pagando il caro prezzo delle dolorose scelte e delle eventuali conseguenze.
Con una regia nitida e rigorosa, Savage riesce ben a centrare e presentare la tematica da lui affrontata, con un’analisi profonda e sensibile che scandaglia la problematica da ogni punto di vista. Inoltre, a ciò si aggiunge l’ottima interpretazione della bella Gemma Arterton nella parte della protagonista, che ben riesce ad esprimere e comunicare il suo senso di frustrazione, di dolorosa e crescente sofferenza, i suoi dubbi, insomma, il suo malessere fisico e soprattutto psicologico, comunicando una sensazione di claustrofobia interiore anche direttamente allo spettatore in sala.
Del tutto consigliabile, ma non allegro.