“Lucky” opera prima dell’attore John Caroll Lynch (affatto parente del regista David qui, peraltro, in in una piccola parte come attore), è il soprannome con cui tutti chiamano il protagonista, un novantenne solitario che gode di ottima salute, che possiede una mente ben lucida e vive in una cittadina dell’assolato Texas. L’uomo, ogni mattina svolge le stesse identiche azioni: dopo il risveglio fa colazione con una grossa tazza di latte freddo, poi un poco di esercizi di yoga, successivamente si reca in una tavola calda dove prende del caffè lungo molto zuccherato e qui trascorre qualche ora a parlare con i gestori del locale ma soprattutto a completare le parole crociate di una rivista, per poi recarsi in uno spaccio a comprarsi il latte per il mattino dopo e ritornare a casa a guardare dei quiz televisivi e terminare la propria giornata in un lounge bar a bere il proprio serale Bloody Mary e parlare e battibeccare con gli altri avventori. Quando una mattina improvvisamente egli cade a terra, da cui però si rialza subito, l’uomo, preoccupato, va a farsi visitare subito dal medico che inspiegabilmente gli dichiara l’ottimo stato di salute, nonostante il vizio eccessivo del fumo a cui il protagonista non ha mi rinunciato e non intende rinunciare. Continuerà così, tra l’affetto sincero dei suoi concittadini, a trascorrere le proprie giornate seguendo sempre allo stesso ritmo le stesse azioni, aderendo ad una sua visione generale del mondo, della vita e della morte molto realistica, seppur, tutto sommato, serena .
Un’opera prima, ripeto, molto ben riuscita ed altamente toccante che presenta l’ormai, purtroppo, defunto l’anno scorso attore Henry Dean Stanton in uno straordinario stato di grazia professionale. Novantenne come il protagonista, Stanton riesce a presentare sullo schermo il ritratto di un uomo positivo, seppure con le sue battaglie passate, gli amori, probabilmente infranti o non realizzati (nel film non viene specificato) e la serenità interiore con cui affrontare la propria quotidianità. Essendo un uomo piuttosto tranquillo, sebbene un poco scontroso, egli, pur vivendo solo ed in una casa decentrata dalla cittadina, è ben visto ed amato da tutti i propri concittadini che gli sono affezionati e lo stimano e si preoccupano per lui. Insomma, circondato da tanto amore si intuisce che, seppure con estrema lentezza, come la testuggine ‘scappata’ da casa e più volte nominata nel film va incontro alla propria morte, anche il protagonista si appresta in modo del tutto naturale e sereno a dirigersi verso la propria fine quando essa avverrà.
Una pellicola molto delicata e melanconica, toccante nella descrizione del suo personaggio a cui lo spettatore, man mano che lo segue nella sua quotidianità, non può che non affezionarsi, ricca di immagini assai suggestive del paesaggio quanto mai arido ed assolato del Texas e con scene di pura poesia da suscitare profonda commozione, come quelle della festa di compleanno in cui l’uomo intona una canzone tipica dei mariachi (ricordo, forse, di un antico amore) o rammenta alla tavola calda con un avventore qualsiasi (Tom Skerritt) , anziano più o meno come lui, il proprio passato ai tempi del secondo conflitto bellico come cuoco su una nave al largo del Giappone (e sembrerebbe che realmente Henry Dean Stanton ai tempi avesse svolto tale mansione).
Insomma, un film che, come ultima sua prova artistica, l’attore ci ha regalato molto poeticamente.
Recensioni
Lucky (2017)
12 Settembre 2018 09:06
flyanto1
0,0 (su 0 voti)
Accedi per votare!“Lucky” opera prima dell’attore John Caroll Lynch (affatto parente del regista David qui, peraltro, in in una piccola parte come attore), è il soprannome con cui tutti chiamano il protagonista, un novantenne solitario che gode di ottima salute, che possiede una mente ben lucida e vive in una cittadina dell’assolato Texas. L’uomo, ogni mattina svolge le stesse identiche azioni: dopo il risveglio fa colazione con una grossa tazza di latte freddo, poi un poco di esercizi di yoga, successivamente si reca in una tavola calda dove prende del caffè lungo molto zuccherato e qui trascorre qualche ora a parlare con i gestori del locale ma soprattutto a completare le parole crociate di una rivista, per poi recarsi in uno spaccio a comprarsi il latte per il mattino dopo e ritornare a casa a guardare dei quiz televisivi e terminare la propria giornata in un lounge bar a bere il proprio serale Bloody Mary e parlare e battibeccare con gli altri avventori. Quando una mattina improvvisamente egli cade a terra, da cui però si rialza subito, l’uomo, preoccupato, va a farsi visitare subito dal medico che inspiegabilmente gli dichiara l’ottimo stato di salute, nonostante il vizio eccessivo del fumo a cui il protagonista non ha mi rinunciato e non intende rinunciare. Continuerà così, tra l’affetto sincero dei suoi concittadini, a trascorrere le proprie giornate seguendo sempre allo stesso ritmo le stesse azioni, aderendo ad una sua visione generale del mondo, della vita e della morte molto realistica, seppur, tutto sommato, serena .
Un’opera prima, ripeto, molto ben riuscita ed altamente toccante che presenta l’ormai, purtroppo, defunto l’anno scorso attore Henry Dean Stanton in uno straordinario stato di grazia professionale. Novantenne come il protagonista, Stanton riesce a presentare sullo schermo il ritratto di un uomo positivo, seppure con le sue battaglie passate, gli amori, probabilmente infranti o non realizzati (nel film non viene specificato) e la serenità interiore con cui affrontare la propria quotidianità. Essendo un uomo piuttosto tranquillo, sebbene un poco scontroso, egli, pur vivendo solo ed in una casa decentrata dalla cittadina, è ben visto ed amato da tutti i propri concittadini che gli sono affezionati e lo stimano e si preoccupano per lui. Insomma, circondato da tanto amore si intuisce che, seppure con estrema lentezza, come la testuggine ‘scappata’ da casa e più volte nominata nel film va incontro alla propria morte, anche il protagonista si appresta in modo del tutto naturale e sereno a dirigersi verso la propria fine quando essa avverrà.
Una pellicola molto delicata e melanconica, toccante nella descrizione del suo personaggio a cui lo spettatore, man mano che lo segue nella sua quotidianità, non può che non affezionarsi, ricca di immagini assai suggestive del paesaggio quanto mai arido ed assolato del Texas e con scene di pura poesia da suscitare profonda commozione, come quelle della festa di compleanno in cui l’uomo intona una canzone tipica dei mariachi (ricordo, forse, di un antico amore) o rammenta alla tavola calda con un avventore qualsiasi (Tom Skerritt) , anziano più o meno come lui, il proprio passato ai tempi del secondo conflitto bellico come cuoco su una nave al largo del Giappone (e sembrerebbe che realmente Henry Dean Stanton ai tempi avesse svolto tale mansione).
Insomma, un film che, come ultima sua prova artistica, l’attore ci ha regalato molto poeticamente.