15 Giugno 2018    17:54

flyanto1

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La regista Alice Rohrwacher ritorna in questi giorni nelle sale cinematografiche con la sua ultima opera “Lazzaro Felice”. Lazzaro è il protagonista della storia ed è un giovane contadino che svolge con dovizia e responsabilità le proprie mansioni nei campi di tabacco insieme agli altri braccianti e contadini del luogo. Essi sono tutti dipendenti di una signora di origini nobili, una marchesa ad essere precisi, la quale è la proprietaria terriera di vasti appezzamenti dove è coltivato il tabacco. Ella è una donna malvagia che tiene sotto la sua potestà tutta la suddetta comunità contadina, pagando il minimo i lavoranti, non permettendo loro di far valere i propri diritti ed, anzi, tenendo loro nella più completa ignoranza, cosicchè essi non si possano né far valere né ribellare. Un giorno il di lei figlio scappa dalla casa e si rifugia nei campi con la complicità di Lazzaro che, nel frattempo, è diventato un suo devoto amico. Da questo momento in poi la situazione generale cambierà radicalmente perché, grazie all’intervento della Polizia, verrà scoperto lo stato di grave sfruttamento in cui i contadini sono tenuti e, arrestata la donna, quest’ultimi verranno trasferiti in città presso dei centri di accoglienza. Tutti tranne, però,  Lazzaro che nel contempo è scivolato in una sorta di burrone e di cui, pertanto, l’ esistenza non viene rilevata dalle suddette Forze dell’Ordine. Quando Lazzaro si sveglia dalla caduta, sono trascorsi nel frattempo svariati anni e la condizione degli ex-contadini non è affatto migliorata dal loro trasferimento  in città: essi infatti, vivono in baracche malsane e cadenti collocate nella più remota periferia e si mantengono chiedendo  l’ elemosina ai passanti o svolgenbdo qualche lavoretto occasionale. Lazzaro riesce a trovarli ed unirsi nuovamente a loro, tra lo stupore di tutti che, ormai invecchiati come vuole la natura, si meravigliano che egli, invece, appaia sempre con l’aspetto giovane ed in buona salute come ai tempi della precedente vita in campagna, quasi non fosse accaduto nulla e si fosse fermato il tempo….

Quella di “Lazzaro Felice” è una storia molto ‘sui generis’, molto surreale, imperniata soprattutto  sulla figura di questo giovane innocente e di buoni sentimenti che è anche  molto ‘naif’ in quanto a contatto con la natura, affatto istruito e sempre ben disposto nei confronti degli altri. Privo di ogni malizia e cattiveria, per non dire di alcun sentimento negativo, egli rappresenta colui che, quasi come un Gesù, con la sua spontaneità ed il suo candore/bontà  (che ben si evince dallo stesso sguardo) riesce ad elevarsi su tutti, scatenando, a seconda della natura umana, ammirazione o derisione, quando non anche diffidenza od addirittura violenza. L’accusa mossa dalla Rohwacher si muove contro l’intrinseca cattiveria degli esseri umani (o, per lo meno di alcuni di loro) e del progresso raggiunto dagli stessi uomini che il più delle volte li ‘danneggia’, estrapolando la loro parte peggiore: solo chi , come Lazzaro, è realmente dotato di buoni sentimenti e di una spontaneità diretta si erge sopra tutto e tutti non ‘sporcandosi’ di ciò che è marcio o vile.

La prima parte del film, ambientata nelle vaste campagne, è quella migliore e richiama alla lontana il cinema del regista Ermanno Olmi per la fotografia e le situazioni; la seconda, invece, risulta molto più deludente e, quasi, esasperata nelle riprese e nel contenuto simbolico e ciò svilisce di molto il valore dell’intera opera. In ogni caso, con “Lazzaro Felice” si è ben lungi dal successo e dalla piena realizzazione del precedente “Corpo Celeste” dove l’atipica e quanto mai vera figura del personaggio femminile dominava efficacemente tutta la storia. Peccato!