Torna nelle sale cinematografiche il regista tedesco Michael Haneke con la sua ultima opera "Happy End". A dispetto di quanto enunciato dal titolo, il film, come i precedenti del regista, non è affatto allegro e positivo nel suo contenuto. Haneke ha una visione molto negativa e quanto mai realistica della vita ed ancora una volta, qui, la esprime chiaramente.
La storia ruota tutta intorno ad una facoltosa e potente famiglia di imprenditori di Calais. Il capofamiglia (Jean Louis Trintignant), ormai molto anziano ed infermo su una sedia a rotelle, ha abbandonato le redini dell'azienda che, invece, sono state prese dalla figlia (Isabelle Huppert) e dal nipote, figlio di quest'ultima. Nel frattempo, in seguito ad un grave ricovero in ospedale da parte della prima moglie dell'altro figlio (Mathieu Kassovitz) del suddetto anziano patriarca, va a vivere nella sontuosa magione di famiglia, la nipote adolescente, profondamente turbata dalle condizioni di salute della madre. Così, tra problematiche varie, familiari, private e non, trascorrono i giorni....
Haneke, ancora una volta, ribadisce il proprio concetto di guardare e considerare la morte come l'unico rimedio alle sofferenze umane, sia fisiche che psicologiche. Anche in "Happy End" essa viene ricercata e desiderata e proprio dai due personaggi all'estremo come età e, cioè: sia dall'anziano capo famiglia, ormai ridotto all'estremo, che dalla nipote adolescente, alquanto sensibile e sofferente psicologicamente per la madre malata. A differenza che in "Amour", in "Happy End" la suddetta morte viene 'scansata', almeno per il momento, ma non per questo meno ambita e ricercata in ogni modo. L'ambiente che Haneke descrive è quello di sempre dell'alta borghesia, qui nettamente all'opposto di quello circostante povero e disagiato. Ogni individuo, inoltre, sembra mosso più da un certo egoismo e da una sorta di freddezza d'animo che emergono ben distinti e al di là di una perfezione formale e controllata che si manifesta nei gesti e nei discorsi in generale. Haneke, molto lucidamente ed impietosamente analizza e presenta allo spettatore tale quadro crudo e vi riesce magnificamente, seppure con molta amarezza e tragicità.
Tra gli ottimi attori del cast occorre rimarcare che spicca su tutti il sempre ottimo Jean-LouisTrintignant.
Del tutto consigliabile ma a coloro che amano Haneke
Recensioni
Happy End (2017)
7 Dicembre 2017 17:31
flyanto1
0,0 (su 0 voti)
Accedi per votare!Torna nelle sale cinematografiche il regista tedesco Michael Haneke con la sua ultima opera "Happy End". A dispetto di quanto enunciato dal titolo, il film, come i precedenti del regista, non è affatto allegro e positivo nel suo contenuto. Haneke ha una visione molto negativa e quanto mai realistica della vita ed ancora una volta, qui, la esprime chiaramente.
La storia ruota tutta intorno ad una facoltosa e potente famiglia di imprenditori di Calais. Il capofamiglia (Jean Louis Trintignant), ormai molto anziano ed infermo su una sedia a rotelle, ha abbandonato le redini dell'azienda che, invece, sono state prese dalla figlia (Isabelle Huppert) e dal nipote, figlio di quest'ultima. Nel frattempo, in seguito ad un grave ricovero in ospedale da parte della prima moglie dell'altro figlio (Mathieu Kassovitz) del suddetto anziano patriarca, va a vivere nella sontuosa magione di famiglia, la nipote adolescente, profondamente turbata dalle condizioni di salute della madre. Così, tra problematiche varie, familiari, private e non, trascorrono i giorni....
Haneke, ancora una volta, ribadisce il proprio concetto di guardare e considerare la morte come l'unico rimedio alle sofferenze umane, sia fisiche che psicologiche. Anche in "Happy End" essa viene ricercata e desiderata e proprio dai due personaggi all'estremo come età e, cioè: sia dall'anziano capo famiglia, ormai ridotto all'estremo, che dalla nipote adolescente, alquanto sensibile e sofferente psicologicamente per la madre malata. A differenza che in "Amour", in "Happy End" la suddetta morte viene 'scansata', almeno per il momento, ma non per questo meno ambita e ricercata in ogni modo. L'ambiente che Haneke descrive è quello di sempre dell'alta borghesia, qui nettamente all'opposto di quello circostante povero e disagiato. Ogni individuo, inoltre, sembra mosso più da un certo egoismo e da una sorta di freddezza d'animo che emergono ben distinti e al di là di una perfezione formale e controllata che si manifesta nei gesti e nei discorsi in generale. Haneke, molto lucidamente ed impietosamente analizza e presenta allo spettatore tale quadro crudo e vi riesce magnificamente, seppure con molta amarezza e tragicità.
Tra gli ottimi attori del cast occorre rimarcare che spicca su tutti il sempre ottimo Jean-LouisTrintignant.
Del tutto consigliabile ma a coloro che amano Haneke