Dogman (2018)

22 Maggio 2018    07:11

flyanto1

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"Dogman", del regista Matteo Garrone, è ispirato liberamente alla storia del 'Canaro' della banda della Magliana, l'uomo che verso la fine degli anni '80, alla periferia di Roma, si vendicò di un amico uccidendolo dopo lunghe ed atroci torture. Nel film il personaggio porta il nome di Marcello e, divorziato e con una bambina a cui è molto legato, è titolare di un negozio di toelettatura per cani. Egli é un uomo fondamentalmente solo e buono, amante degli animali, frequenta svariati amici del quartiere periferico e disagiato in cui vive con cui gioca delle partite a pallone e trascorre le serate in discoteca o in qualche locale a bere. Tra essi vi è un ex pugile cocainomane e violento che con la sua prepotenza dà parecchio fastidio a tutti. Quando quest'ultimo, dopo innumerevoli soprusi, mette seriamente nei guai il protagonista a seguito di una rapina, Marcello decide di vendicarsi uccidendolo barbaramente.

Tutta la violenza del reale fatto di cronaca avvenuto decenni fa, qui non è rappresentata, pertanto, la pellicola non mostra alcuna immagine eccessivamente raccapricciante e sanguinolenta. Essendo, appunto, liberamente ispirato al fattaccio del 'Canaro', Matteo Garrone ha preso più che altro spunto al fine di raccontare la storia di un personaggio residente in un luogo disagiato ed abitato da persone con una condotta ai limiti , e non , della legalità. Ciò, dunque, che più interessa al regista è descrivere la figura del personaggio di Marcello in sè: un individuo quasi poetico, di indole sicuramente buona, un buon padre di famiglia molto legato alla propria figlia  con cui divide il suo amore per gli animali e la comune passione delle immersioni subacquee. Un personaggio che quasi 'stona' nello squallida e povera periferia di non si sa esattamente quale città (non viene specificato)  dove regnano solo la desolazione, la violenza ed il crimine. Persona semplice e fiduciosa nel prossimo, ma anche parecchio sola, Marcello verrà ovviamente ingannato da chi è  più scaltro, fatto oggetto di svariati soprusi e soprattutto spogliato di ogni suo bene e, cioè, della libertà personale (in quanto dovrà scontare un anno di carcere) e della conseguente possibilità di incontrarsi con la figlioletta, nonchè della sua attività di accudire i cani che, a seguito degli eventi,  ne risentirà negativamente. Un ritratto che l'attore Marcello Fonte, almeno sinora poco conosciuto, impersona ottimamente al  punto da meritarsi giustamente la Palma d'Oro all'ultimo Festival di Cannes in questi giorni dove il film è stato presentato in concorso. Grazie, infatti,  alla sua postura di uomo mingherlino quasi indifeso, alla sua parlata semplice e diretta e, soprattutto, alle sue espressioni del viso, degli occhi in particolare che, spalancati come quelli di un bambino ingenuo guardano con stupore gli avvenimenti intorno a lui e si illuminano, invece, quando è al cospetto della figlia, il film, peraltro molto ben girato e fotografato, deve molto del suo valore.