19 Gennaio 2017    11:19

Antonio Iannò

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Quando, negli anni '50 e '60 del secolo scorso, il Principe Antonio De Curtis indossava la maschera di colui che sarebbe diventato il personaggio comico più conosciuto ed amato del cinema popolare italiano, consapevole che le sue capacità di scrivere e dirigere anche le pellicole più banali fossero praticamente nulle, demandava il compito a professionisti del campo, che in men che non si dica approntavano e sfornavano pellicole per lo più di mediocre/pessima qualità, ma che contribuivano ad invigorire economicamente il cinema italiano.
Siani non se ne vuole rendere conto, o non riesce, che il cinema popolare necessita di professionisti seri per ogni settore, e continua a sfornare prodottti inguardabili anche per il più profano fruitore della Settima Arte, scrivendo e dirigendo pellicole per le quali non riuscirebbe a farci riprendere nemmeno un intero flacone di Prozac.
La produzione, consapevole che il prodotto comunque economicamente funziona, finanzia assumendo anche dignitosi comprimari della commedia all'italiana, come Abatantuono e la moglie di Crozza, ma questo non è comunque sufficiente: n-o-n s-i r-i-d-e!
E questo, per una commediola, anche scarsa, è il vero dramma.
Luoghi comuni a go-go, dialoghi deprimenti, banalità a profusione.
Ho già sprecato troppo spazio: chiedo solo scusa per il sacrilego paragone col Principe.