Mark Renton(Ewan McGregor), ventenne, ha scelto per sé "un'onesta e sincera tossicodipendenza”, perché scegliere la vita quando hai l’eroina?
Ha dei così detti amici con cui rubare, parlare a vuoto, bere birra e bucarsi: sono Sick Boy(Jonny Lee Miller), tutto provocazioni e capelli ossigenati, Begbie (Robert Carlyle), drogato di persone e alcolizzato, Tommy (Kevin McKidd), che cerca di star fuori dal giro dell'eroina, e Spud (Ewen Bemner), forse l'unico di cui può fidarsi. Tra tentativi di disintossicazione, ricadute e un inatteso colpo che può cambiare la vita a tutti, Mark forse deciderà di scegliere la vita, mettere la testa apposto, diventare una brava persona perbene.
Danny Boyle ha l'ambizione di firmare uno dei film-scandalo degli anni Novanta, offrendo il ritratto di una generazione senza ideali che non ha alcuna intenzione di cavarsi fuori dalla situazione in cui si trova. È la stessa Diane (Kelly Macdonald), la studentessa con cui Mark finisce a letto, a far presente al ragazzo che: “la musica sta cambiando, le droghe anche, c'è da scegliere altro”.
Tratto dal romanzo omonimo di Irvine Welsh, ampiamente sfrondato delle sue componenti più politiche, è un film che può contare su una colonna sonora travolgente (da Lou Reed a Iggy Pop, dagli Underworld ai Blur), un gruppo di attori più che precisi e dialoghi, pensieri, battute immediatamente entrate nella cultura di massa che ancora oggi si citano, si pensi anche solo al monologo finale di Mark.
Memore della lezione di Tarantino, quasi gioca a superare l'americano nell'uso delle ellissi e nei dettagli forti, ma senza riuscirci! Tarantino è ancora adesso insuperabile.
Trainspotting, comunque, è certamente un esercizio di stile, un lavoro fin dall'inizio progettato per essere di culto, in sostanza, creato per colpire il gusto dei benpensanti e per deliziare i "non allineati". Eppure, Boyle dà una lezione morale non da poco. Accusato all'epoca di esaltare il consumo di eroina, in realtà, il racconto non fa altro che scoperchiare il male assoluto della tossicodipendenza: a cominciare dalla scena del “bagno più sporco della Scozia”, alle allucinazioni sconvolgenti di Mark nel percorso di disintossicazione, alla fine di Tommy e ad molteplici momenti oggettivamente tragici, quasi sempre stemperati dalla giustapposizione di altre sequenze nella volontà di non far capire la vera natura del gioco.
Certamente furbo, spesso geniale, comico, spaventoso, divertente, angosciante, ossessivo, ma non ambiguo come si è detto, è un lavoro che prende a piene mani da Kubrick, Scorsese, dai fratelli Coen, Almodóvar, Lester, Roeg, Russell; nella discoteca Volcano, citazioni dirette da Arancia meccanica, la stanza simile al Korova Milk Bar, e Taxi Driver, le gigantografie di Travis e Iris. Può essere letto come una riflessione sulla pochezza del presente e sulla grandezza del passato: Mark che legge la biografia di Montgomery Clift o Sick Boy che parla in continuazione dello Sean Connery che fu non rimandano forse a questo?
Recensioni
Trainspotting (1996)
30 Gennaio 2017 14:09
Allegra Palu
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Accedi per votare!RECENSIONE TRAINSPOTTING
Mark Renton(Ewan McGregor), ventenne, ha scelto per sé "un'onesta e sincera tossicodipendenza”, perché scegliere la vita quando hai l’eroina?
Ha dei così detti amici con cui rubare, parlare a vuoto, bere birra e bucarsi: sono Sick Boy(Jonny Lee Miller), tutto provocazioni e capelli ossigenati, Begbie (Robert Carlyle), drogato di persone e alcolizzato, Tommy (Kevin McKidd), che cerca di star fuori dal giro dell'eroina, e Spud (Ewen Bemner), forse l'unico di cui può fidarsi. Tra tentativi di disintossicazione, ricadute e un inatteso colpo che può cambiare la vita a tutti, Mark forse deciderà di scegliere la vita, mettere la testa apposto, diventare una brava persona perbene.
Danny Boyle ha l'ambizione di firmare uno dei film-scandalo degli anni Novanta, offrendo il ritratto di una generazione senza ideali che non ha alcuna intenzione di cavarsi fuori dalla situazione in cui si trova. È la stessa Diane (Kelly Macdonald), la studentessa con cui Mark finisce a letto, a far presente al ragazzo che: “la musica sta cambiando, le droghe anche, c'è da scegliere altro”.
Tratto dal romanzo omonimo di Irvine Welsh, ampiamente sfrondato delle sue componenti più politiche, è un film che può contare su una colonna sonora travolgente (da Lou Reed a Iggy Pop, dagli Underworld ai Blur), un gruppo di attori più che precisi e dialoghi, pensieri, battute immediatamente entrate nella cultura di massa che ancora oggi si citano, si pensi anche solo al monologo finale di Mark.
Memore della lezione di Tarantino, quasi gioca a superare l'americano nell'uso delle ellissi e nei dettagli forti, ma senza riuscirci! Tarantino è ancora adesso insuperabile.
Trainspotting, comunque, è certamente un esercizio di stile, un lavoro fin dall'inizio progettato per essere di culto, in sostanza, creato per colpire il gusto dei benpensanti e per deliziare i "non allineati". Eppure, Boyle dà una lezione morale non da poco. Accusato all'epoca di esaltare il consumo di eroina, in realtà, il racconto non fa altro che scoperchiare il male assoluto della tossicodipendenza: a cominciare dalla scena del “bagno più sporco della Scozia”, alle allucinazioni sconvolgenti di Mark nel percorso di disintossicazione, alla fine di Tommy e ad molteplici momenti oggettivamente tragici, quasi sempre stemperati dalla giustapposizione di altre sequenze nella volontà di non far capire la vera natura del gioco.
Certamente furbo, spesso geniale, comico, spaventoso, divertente, angosciante, ossessivo, ma non ambiguo come si è detto, è un lavoro che prende a piene mani da Kubrick, Scorsese, dai fratelli Coen, Almodóvar, Lester, Roeg, Russell; nella discoteca Volcano, citazioni dirette da Arancia meccanica, la stanza simile al Korova Milk Bar, e Taxi Driver, le gigantografie di Travis e Iris. Può essere letto come una riflessione sulla pochezza del presente e sulla grandezza del passato: Mark che legge la biografia di Montgomery Clift o Sick Boy che parla in continuazione dello Sean Connery che fu non rimandano forse a questo?