30 Gennaio 2017    14:13

Allegra Palu

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RCENSIONE

Il regista Derek Cianfrance sembra nutrire una passione per il melodramma. Dopo aver declinato il genere in chiave moderna nel romance sentimentale Blue Valentine, di cui l’unica nota positiva era Ryan Gosling, stavolta il cineasta mira ad una forma decisamente tradizionale. Ispirandosi al romanzo di M.L. Stedman, La luce sugli oceani si presenta come una pellicola retrò che attinge a piene mani alla tradizione del melò raccontando le drammatiche vicissitudini di una coppia di sposi che, non riuscendo ad avere figli, decidono di andare contro la legge senza riflettere fino in fondo a ciò che stavano facendo. I problemi, infatti, non tarderanno ad arrivare direttamente a casa loro.

La storia, ambientata in una remota isola dell'Australia Occidentale a inizio Novecento, si presta già al quinto minuto troppo drammatica e la tristezza e l’angoscia delle ore successive sarà sconfinata. Come se Cianfrance volesse farci passare due ore di pura catarsi aristotelica.
La luce sugli oceani vanta di campi lunghissimi in cui fotografa con eleganza l'Oceano burrascoso, le verdi colline e le spiagge piene di ciottoli in cui si muovono i protagonisti. Michael Fassbender, nei panni di Tom, reduce della Prima Guerra Mondiale australiano che accetta un impiego come guardiano di un faro per isolarsi dalla società e autopunirsi dopo la violenza bellica, è più che convincente. Fassbender è un interprete talmente espressivo da riuscire a restituire tutto il dolore trattenuto che paralizza il suo personaggio solo con lo sguardo. La sua scarsa loquacità, per altro, è uno dei leit motiv dell'incipit del film. A fargli dal contraltare vi è la freschezza di Alicia Vikander nei panni di Isabel, giovane donna vivace e intelligente che spinge Tom a chiederla in sposa per potersi trasferire con lui nell'isola di Janus e coltivare il proprio amore.

Il cineasta, inoltre, si tuffa nell'esperienza del period movie con sterminata fiducia nelle proprie capacità e negli ingredienti a disposizione. Il regista stesso, in alcune interviste, ha ammesso di aver realizzato più di 209 ore di girato, poi ridotte a poco più di due ore in montaggio.
Forte di un cast che vanta la presenza di due attrici da Oscar e di uno dei maschi più desiderati del grande schermo il cui appuntamento con l'Oscar è soltanto rimandato.

Cianfrance come al solito ha esagerato. Ha portato tutto all’esasperazione, capisco il melodramma e la tristezza sconfinata dei due protagonista, ma così è stato davvero troppo. Avevo già le mie perplessità dopo Blue Valentine e questo film le ha confermate tutte. Durante il film piangi perché devi, non perché tu lo senta veramente.
Le uniche note positive sono, come sempre nel caso del cineasta, la fotografia, impeccabile, e gli attori. Se fosse stato scelto un altro cast il film non sarebbe durato 5 minuti.