20 Aprile 2017    08:57

alberto

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Mi aspettavo molto di più da questo nuovo titolo orrorifico, dato che il soggetto per il genere è davvero micidiale, ed è ispirato ad una delle tante leggende metropolitane che hanno dato vita a tante pellicole slasher/thriller: si racconta che il cosiddetto Bye Bye Man sia stato avvistato a New Orleans, un albino cieco nato nel 1920 e scappato da un orfanotrofio, che dal momento in cui salì su un treno vagabondò per gli Stati Uniti in compagnia del suo cane, Gloomsinger, con pelle cucita insieme alle lingue e agli occhi delle sue vittime. Nel film in questione, un adattamento dell'opera "The bridge to body island" di Robert Damon Schnek, questa nuova variante dell'uomo nero o boogeyman o babau, con le fattezze dell'attore Doug Jones (famoso per i film di Guillermo del Toro) è molto inquietante, con dita affusolate, mantello nero con cappuccio e nessuna parola pronunciata, nonostante appaia solo a metà film e dettagliatamente nel bel finale; il cane invece, che appare ancor meno del suo padrone, è reso con inefficaci effetti speciali in cgi. Ciò che fa presagire l'arrivo di questo essere molto pericoloso è il rumore del treno, di monete antiche, ma soprattutto la pronuncia del nome e anche solo il pensiero di quest'ultimo, evocandolo e collocando la povera vittima in uno stato di morte imminente, o per mano propria o per mano di un altro sfortunato. E in questo aspetto la pellicola sa trasmettere molta tensione, da una parte per l'ossessività, vero fulcro della paura che vuole dare la storia, dei protagonisti, che ripetono "non dirlo, non pensarlo" fino allo sfinimento, al fine di evitare anche le solite visioni ingannevoli, dall'altra grazie alla colonna sonora dei Newton Brothers, che dà i brividi. Putroppo i difetti non sono pochi, a cominciare dalla sceneggiatura di Jonathan Penner, che sembra non essere all'altezza dell'idea alla base, poiché si perde in momenti noiosi e convenzionali, con le solite porte che hanno bisogno di un pò d'olio e la bambina di turno che non ha paura né del buio né di strani rumori. Se non altro è aperta, e lascia la speranza che in un ipotetico seguito giunga in mani più abili a destreggiarsi nel genere, dato che è un vero peccato che il contenuto e il villain non siano stati sfruttati a dovere. Tra gli attori che interpretano i tre ragazzi che devono fare i conti per caso con la presenza, una coppia bianca e un ragazzo di colore coinquilino, troviamo Douglas Smith, presente in un altro horror, il primo "Ouija". La regia è di Stacy Title ("Una cena quasi perfetta") che, al contrario del marito (lo sceneggiatore), ha fatto un ottimo lavoro, rilevabile già dalla prima sequenza con il giornalista impazzito, che insieme ad un altro paio di scene, come la seduta spiritica e quella del volto di Doug Jones che appare improvvisamente su un vetro, sono piccole lezioni di tensione. Un horror di certo imperfetto ma godibile, leggero ma potenzialmente in grado di far venire qualche incubo. Il suo più grande difetto è la sua modestia, il non voler oltrepassare un certo limite. L'uomo nero del momento non è ovviamente alla pari dei suoi colleghi come Freddy Krueger o Babadook, ma magari in futuro ci riserverà delle sorprese.