M.Night Shyamalan è un regista molto discusso. E’ considerato da molti un maestro del thriller e i suoi marchi di fabbrica sono i colpi di scena finali, tra i quali è indimenticabile quello de “Il sesto senso”, considerato il suo capolavoro. Ciononostante una gran parte di pubblico considera le sue pellicole lente e salvabili solo per queste svolte finali inaspettate. E a mettere ancora più ambiguo il suo operato sono stati i suoi lavori di fantascienza “L’ultimo dominatore dell’aria” e “After Earth”, entrambi stroncati da critica e pubblico. Ma nel 2014, con “The visit”, il regista indiano torna alle sue origini “tese” e riconquista i suoi fan. Ora con questo nuovo lungometraggio ha confermato che lui deve fare thriller, nient’altro, dato che difficilmente si troveranno concorrenti ai suoi livelli. Qui, in veste anche, come (quasi) sempre, di sceneggiatore, dà vita ad una storia interessantissima, che già dall’inizio è in grado di trascinare lo spettatore in quel terribile incubo che si trovano ad affrontare tre adolescenti, due smorfiosette e un’emarginata: essere imprigionati in un luogo claustrofobico, che potrebbe trovarsi dall’altra parte del mondo o sotto casa, in compagnia di un uomo con il cervello un tantino affollato, considerando che ospita ben 23 personalità, tra cui uno ossessionato dalla pulizia, un bambino di 9 anni e un eccentrico stilista, che va/vanno e viene/vengono da una psicologa e fanno continuamente riferimento ad un nuovo membro di quel cervello che potrebbe risolvere molte questioni esistenziali. Ovviamente il primo merito va a James McCavoy, il Professor X della nuova trilogia degli “X-Men”, che compie un’interpretazione semplicemente spaventosa (nel senso buono), impressionando solo con giochi di sguardi, di mosse e di smorfie; ma si difende bene anche la Thomasin di “The witch” Anya Taylor-Joy, capace di trasmettere l’inquietudine della situazione. Un’inquietudine che insieme alla tensione diventa la parola chiave della pellicola, che si avvale di una ben riuscita costruzione della suspence, a tal punto da esplodere nel finale spaventoso e sospeso; infatti il sequel è assicurato e la scena dei titoli di coda MEZZO SPOILER lascia presuppore un Shyamalan Cinematic Universe che farà invidia a quei presuntuosi della Marvel.
Un’altra opera singolare dell’abile regista, che tiene incollati allo schermo per tutte le più di due ore di durata. Voto: anche a lui un bell’8 e mezzo.
Recensioni
Split (2017)
11 Febbraio 2017 17:09
alberto
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Accedi per votare!M.Night Shyamalan è un regista molto discusso. E’ considerato da molti un maestro del thriller e i suoi marchi di fabbrica sono i colpi di scena finali, tra i quali è indimenticabile quello de “Il sesto senso”, considerato il suo capolavoro. Ciononostante una gran parte di pubblico considera le sue pellicole lente e salvabili solo per queste svolte finali inaspettate. E a mettere ancora più ambiguo il suo operato sono stati i suoi lavori di fantascienza “L’ultimo dominatore dell’aria” e “After Earth”, entrambi stroncati da critica e pubblico. Ma nel 2014, con “The visit”, il regista indiano torna alle sue origini “tese” e riconquista i suoi fan. Ora con questo nuovo lungometraggio ha confermato che lui deve fare thriller, nient’altro, dato che difficilmente si troveranno concorrenti ai suoi livelli. Qui, in veste anche, come (quasi) sempre, di sceneggiatore, dà vita ad una storia interessantissima, che già dall’inizio è in grado di trascinare lo spettatore in quel terribile incubo che si trovano ad affrontare tre adolescenti, due smorfiosette e un’emarginata: essere imprigionati in un luogo claustrofobico, che potrebbe trovarsi dall’altra parte del mondo o sotto casa, in compagnia di un uomo con il cervello un tantino affollato, considerando che ospita ben 23 personalità, tra cui uno ossessionato dalla pulizia, un bambino di 9 anni e un eccentrico stilista, che va/vanno e viene/vengono da una psicologa e fanno continuamente riferimento ad un nuovo membro di quel cervello che potrebbe risolvere molte questioni esistenziali. Ovviamente il primo merito va a James McCavoy, il Professor X della nuova trilogia degli “X-Men”, che compie un’interpretazione semplicemente spaventosa (nel senso buono), impressionando solo con giochi di sguardi, di mosse e di smorfie; ma si difende bene anche la Thomasin di “The witch” Anya Taylor-Joy, capace di trasmettere l’inquietudine della situazione. Un’inquietudine che insieme alla tensione diventa la parola chiave della pellicola, che si avvale di una ben riuscita costruzione della suspence, a tal punto da esplodere nel finale spaventoso e sospeso; infatti il sequel è assicurato e la scena dei titoli di coda MEZZO SPOILER lascia presuppore un Shyamalan Cinematic Universe che farà invidia a quei presuntuosi della Marvel.
Un’altra opera singolare dell’abile regista, che tiene incollati allo schermo per tutte le più di due ore di durata. Voto: anche a lui un bell’8 e mezzo.