Non un film coraggioso, ma neanche un film convenzionale, senza dubbio un capolavoro. Già la prima scena è magica: un banale scenario di ingorgo stradale, introdotto dalla scritta "Presentato in Cinemascope", si trasforma in una festa, una specie di inno al sole che muta i quotidiani brontoloni e dita medie in allegri ballerini e passi coinvolgenti (anche sopra le macchine). Finisce la canzone e l'irreale intermezzo lascia il posto di nuovo ai clacson. Ed è così che si palesa allo spettatore lo strano titolo: "La la land", un gioco di parole che fa riferimento alla città-sfondo di questa storia, Los Angeles (L.A.), e alla parola inglese Lalaland, con cui si intende uno stato mentale euforico e spensierato. La "city of stars" spesso richiamata nelle canzoni è sempre al centro dell'attenzione: le sue leggende e i sogni (o illusioni) che regala (o causa) sono il fulcro della mentalità dei due protagonisti: da una parte Mia (Emma Stone), un'aspirante attrice che deve fare i conti con la superficialità dei suoi giudici e, in un secondo momento, del pubblico, bravo solo a commentare una materia non di sua competenza, dall'altra Sebastian (Ryan Gosling), un bizzarro pianista con una sconfinata passione per il jazz, ribelle quando (non) serve, dato che è consapevole di non essere nato per suonare "Jingle Bells" in un locale per signori di una certa età, ma per far resuscitare quell'ormai defunto genere musicale di cui i giovani non sentono la mancanza. Cosa succederà dopo un paio di incontri fortuiti? Si salveranno la vita a vicenda. La morale del "non mollare" è palese, meno invece del concetto di passione che comunica questa pellicola, l'elemento più importante per poter vivere. Gli ideali, le aspirazioni, i sogni ci consentono di andare avanti, spesso anche di ignorare il pessimismo e la mancanza di fiducia, vere malattie di fondo della società. A proposito di questo discorso è davvero notevole qui l'equilibrio tra la malinconia di certe scene e la carica che regala la coreografia ricolma di citazioni provenienti da altri capolavori del genere cinematografico più folle che esista: il musical. In particolare si possono notare le passeggiate tra i set di Hollywood e il fantasioso finale presenti anche in "Cantando sotto la pioggia" e gli ombrelli e la divisione in stagioni de "Les Parapluies de Cherbourg. Per il regista trentaduenne Damien Chazelle la musica deve proprio essere importante, poiché anche le sue precenti opere, "Guy and Madeline on a Park Bench" e il viscerale "Whiplash" hanno come tema la musica e non trasmettono semplicemente la "passione per la musica", ma la passione con la p maiuscola, quella che a volte ti rovina la vita e a volte è l'unico scopo di quest'ultima. Un plauso alla bellissima regia ( sembra che anche la cinepresa stia ballando) ma anche ai due interpreti principali, tutti meriterebbero un oscar, insieme poi all'artefice della colonna sonora, Justin Hurwitz, e alla costumista Mary Zophres. Abbiamo ben 14 nomination per i prossimi oscar, un record che non si ripete dai tempi di Titanic. Solo per la (difficile per i protagonisti) scena del tip tap sulla collina non posso (per ora) che tifare per il conseguimento del premio che interessa di più in quella famigerata serata. Superconsigliato, all'uscita dalla sala vi verrà da ballare.
Recensioni
La La Land (2016)
11 Febbraio 2017 17:12
alberto
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Accedi per votare!Non un film coraggioso, ma neanche un film convenzionale, senza dubbio un capolavoro. Già la prima scena è magica: un banale scenario di ingorgo stradale, introdotto dalla scritta "Presentato in Cinemascope", si trasforma in una festa, una specie di inno al sole che muta i quotidiani brontoloni e dita medie in allegri ballerini e passi coinvolgenti (anche sopra le macchine). Finisce la canzone e l'irreale intermezzo lascia il posto di nuovo ai clacson. Ed è così che si palesa allo spettatore lo strano titolo: "La la land", un gioco di parole che fa riferimento alla città-sfondo di questa storia, Los Angeles (L.A.), e alla parola inglese Lalaland, con cui si intende uno stato mentale euforico e spensierato. La "city of stars" spesso richiamata nelle canzoni è sempre al centro dell'attenzione: le sue leggende e i sogni (o illusioni) che regala (o causa) sono il fulcro della mentalità dei due protagonisti: da una parte Mia (Emma Stone), un'aspirante attrice che deve fare i conti con la superficialità dei suoi giudici e, in un secondo momento, del pubblico, bravo solo a commentare una materia non di sua competenza, dall'altra Sebastian (Ryan Gosling), un bizzarro pianista con una sconfinata passione per il jazz, ribelle quando (non) serve, dato che è consapevole di non essere nato per suonare "Jingle Bells" in un locale per signori di una certa età, ma per far resuscitare quell'ormai defunto genere musicale di cui i giovani non sentono la mancanza. Cosa succederà dopo un paio di incontri fortuiti? Si salveranno la vita a vicenda. La morale del "non mollare" è palese, meno invece del concetto di passione che comunica questa pellicola, l'elemento più importante per poter vivere. Gli ideali, le aspirazioni, i sogni ci consentono di andare avanti, spesso anche di ignorare il pessimismo e la mancanza di fiducia, vere malattie di fondo della società. A proposito di questo discorso è davvero notevole qui l'equilibrio tra la malinconia di certe scene e la carica che regala la coreografia ricolma di citazioni provenienti da altri capolavori del genere cinematografico più folle che esista: il musical. In particolare si possono notare le passeggiate tra i set di Hollywood e il fantasioso finale presenti anche in "Cantando sotto la pioggia" e gli ombrelli e la divisione in stagioni de "Les Parapluies de Cherbourg. Per il regista trentaduenne Damien Chazelle la musica deve proprio essere importante, poiché anche le sue precenti opere, "Guy and Madeline on a Park Bench" e il viscerale "Whiplash" hanno come tema la musica e non trasmettono semplicemente la "passione per la musica", ma la passione con la p maiuscola, quella che a volte ti rovina la vita e a volte è l'unico scopo di quest'ultima. Un plauso alla bellissima regia ( sembra che anche la cinepresa stia ballando) ma anche ai due interpreti principali, tutti meriterebbero un oscar, insieme poi all'artefice della colonna sonora, Justin Hurwitz, e alla costumista Mary Zophres. Abbiamo ben 14 nomination per i prossimi oscar, un record che non si ripete dai tempi di Titanic. Solo per la (difficile per i protagonisti) scena del tip tap sulla collina non posso (per ora) che tifare per il conseguimento del premio che interessa di più in quella famigerata serata. Superconsigliato, all'uscita dalla sala vi verrà da ballare.