You'll never be alone

Un padre e un figlio. Juan e Pablo. 
Juan (Sergio Hernández) è mite e introverso, ed è da sempre impiegato in una fabbrica di manichini, dove lavora alacremente sette giorni su sette - immerso in una landa desolata di volti e corpi senza vita - nella speranza che tutto quello possa essere un giorno anche suo (vorrebbe diventare socio). 
Suo figlio Pablo è un ragazzo bellissimo e solare, ama la danza, la sua amica del cuore, e un suo coetaneo. In un angolo remoto della capitale cilena, la sua è una vita di speranza e di fuga, di sogni e riconciliazione (pomeriggi spesi con l’amica a ridere, confidarsi, prendersi in giro). Il miraggio di un futuro dove i tratti salienti della sua sessualità, e della sua vera essenza possano essere manifesti e non sistematicamente occultati di fronte a occhi sempre troppo invadenti, cattivi, violenti. 
E invece, lo scontro con la discriminazione e l’omofobia più astiose sarà brutale, drammatico, costringendo padre e figlio a reimpostare le priorità di sogni e speranze, in una vita che appare di giorno in giorno sempre più votata alla sola sopravvivenza, difesa sistematica dalla meschinità altrui, da una società priva di piètas. 

Ispirato a un fatto di cronaca vera - un caso che scioccò l’intera America Latina (l’omicidio nel Marzo del 2012 di Daniel Zamudio, dichiaratamente omosessuale, per mano di un commando di neo-nazisti), You’ll never be alone ripercorre le fasi salienti di una storia drammatica e potente, caratterizzata dall’odio e dalla violenza e, di contro, animata dalla forza vibrante del lottare per sé stessi e (soprattutto) per essere sé stessi. 
In un mondo sessista, maschilista e omofobo, una Santiago retrograda e per certi versi oscurantista, Alex Anwandter mette in luce soprattutto il viaggio di Juan verso la comprensione per il proprio unico figlio, sussurrata o gridata nelle parole “Non sarai mai solo”. 
Un uomo comune chiamato ad essere eroico. 
Una storia d’amore estrema, narrata attraverso il buio di una società ostile (catturata nella bella fotografia crepuscolare di Matías Illanes) e sedimentata nel carattere unico di un padre  infine disposto a superare i propri limiti (culturali e concettuali) pur di riaffermare l’amore per il sangue del suo sangue. 

Presentato nella sezione Panorama (quella in cui convoglia il cinema d’autore emergente o più anticonvenzionale) della sessantaseiesima edizione del Festival di Berlino, You’ll never be alone è opera che fonde la maturità dello stile e dell’intenso protagonista (il giovane Andrew Bargsted), alla forza dirompente del soggetto, rintracciato tra le pagine più buie del nostro vivere e ottimamente rielaborato per il grande schermo dallo stesso Alex Anwandter, talentuoso musicista nonché regista di videoclip qui alla sua opera prima. 
Una di quelle opere che risuona forte nel suo appello alle coscienze.