Wilde Salomé

Qualche volta, non so cosa sto facendo e perché. Qualcosa mi spinge a proseguire. Non è un film su un’opera teatrale, è un film sull’ispirazione. C’è qualcosa riguardo al mio dibattermi, al mio sforzo, che non mi è chiaro. Mi è accaduto qualcosa quando ho visto quest’opera. Mi sono sentito come se avessi trovato un amico, qualcuno che desideravo conoscere, un essere profetico. Stava esprimendo il proprio destino in quest’opera teatrale.
Al Pacino

Tutto nacque da un bacio negato. Lui era il messaggero di Dio, lei una meravigliosa, giovanissima e patologicamente egoista principessa viziata. Colui che battezzava in nome di Cristo nel deserto (aveva personalmente battezzato il figlio di Dio!), annunciandone l’arrivo, si chiamava Giovanni il Battista. La principessa vergine più bella della provincia romana di Galilea, la più crudele, quella i cui desideri erano sempre stati ordini cui obbedire ciecamente senza mai opporsi…Salomé (figliastra del tetrarca Erode Antipa, il quale già viveva nel peccato, avendo sposato la moglie del proprio fratello nonché madre di Salomé, Erodiade).

Il genio di Oscar Wilde, scomparso prematuramente a 46 anni, proprio (emblematicamente) nell’anno 1900, espresse questa storia avvincente in un testo essenziale per la comprensione della sua poetica e della sua visione della realtà, un testo teatrale scritto coraggiosamente in francese nel 1893 (nonostante la sua padronanza della lingua fosse distante anni luce da quella del suo futuro, geniale conterraneo, il premio Nobel irlandese Samuel Beckett) pensando alla più grande star teatrale dell’epoca, la divina Sarah Bernhardt.

Al Pacino ha deciso, coraggiosamente ed avventatamente ma con assoluta consapevolezza delle difficoltà cui sarebbe andato incontro, di mettere in scena (a vent’anni dal suo Looking for Richard, in cui si cimentava con il capolavoro di Shakespeare) questo prezioso testo, di farne un film e di girare (simultaneamente) un documentario sul making of della performance. Il film è uscito nel 2013 ed il documentario che condensa i 5 intensissimi giorni “per girare 90 minuti di opera” in teatro ed i 18 mesi in giro per il mondo sulle tracce dell’incredibile irlandese, il risultato di questo mirabile e visionario progetto, premiato con il Queer Lion alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2011 alla presenza dell’autore e regista, giunge finalmente nelle sale italiane nel 2016 dopo cinque anni di attesa, grazie alla lungimiranza di Distribuzione Indipendente: Wilde Salomé.

Come Pacino ricorda: “Oscar Wilde giunse a New York più di cento anni fa. Aveva 27 anni, non aveva ancora scritto nulla. Era un teatrante” e tutti volevano conoscerlo ma la sua Salomé è: “Un’opera colma di pericolo. Un avviso di stare alla larga sin dall’inizio! […] Quindici anni fa, in Inghilterra, ho assistito alla produzione di Steve Berkoff. È stata la cosa più straordinaria, potente, bella, mai vista in tanti anni. Mi ha colpito moltissimo. La cosa buffa, è che non sapevo fosse stato Oscar Wilde a scriverla…non era il Wilde che conoscevo, famoso per alcune delle più grandi commedie mai realizzate. Interpretai l’opera con Robert Ackerman a New York, al Circle in the Square, con grandiose scenografie, ricchi costumi e trucchi di scena, fu un’esperienza davvero creativa. Nel 2003, la rappresentai ancora a Broadway, con Marisa Tomei, lei è stata grande, ballò magnificamente, ma anche dopo questa rappresentazione non riuscivo a fare a meno di pensarci, volevo conoscere meglio Oscar Wilde…”

Il regista premio Oscar raccoglie e ci dona le testimonianze del nipote di Oscar Wilde, di Bono, di Gore Vidal, del grandissimo Tom Stoppard, le quali non fanno che rafforzare e ribadire l’universale fascino che l’opera del sommo autore irlandese esercita da sempre sul lettore, oggi come allora, a prescindere dall’etnia, dalla nazionalità, dall’orientamento sessuale. Ennesima prova della miope follia della società vittoriana che, spaventata più dal suo acume politico (il suo dirompente e spudorato socialismo) che dal suo essere gay, ne distrusse l’esistenza, privandolo addirittura dei figli (cui fu cambiato il cognome) e, come Al Pacino ci ricorda sullo schermo: “Ciò contribui ad ucciderlo”. Il maestro Tom Stoppard (Rosencrantz e Guildenstern sono morti) ci parla dell’uomo che amò (riamato) Wilde e ne causò l’incarcerazione per due anni, l’egoista e superficiale Bosie (non andrò a trovarlo in carcere neppure una volta mentre Wilde, appena uscito di galera, si recò subito in Italia per rivederlo), del processo, della condanna che ne seguì e del coraggio che Wilde dimostrò affrontandolo, invece di lasciare la città e salvarsi quando ne ebbe la possibilità.

Semplicemente sublime e degno di Wilde, il sarcasmo con cui Al Pacino rivela la propria intenzione di comunicare ufficialmente al pubblico del Wadsworth Theater che potranno tenere i propri cellulari accesi (per le chiamate d’emergenza) durante la performance, dato che soltanto medici e dentisti potranno affrontare l’esorbitante prezzo del biglietto. La regia teatrale di Salomé è stata affidata alla veterana Estelle Parsons mentre quella cinematografica poggia integralmente sulle spalle di Al Pacino che si trova, quindi, nella durissima condizione di dover dirigere, tra gli altri, se stesso nei complessi quanto controversi ed ambigui panni di Erode: “Wilde Salomé è il mio tentativo di fondere l’opera teatrale ed il cinema. I due linguaggi possono quasi stridere, essere in contrasto tra loro, la mia speranza è di averli amalgamati al meglio. Fare in modo che questo ibrido funzioni è stato il mio obiettivo: unire tutta la qualità fotografica del cinema a quell’essenza dell’acting che è propria del teatro”.

Fu Richard Strauss a trasformarla in un’opera lirica in atto unico, grazie alle caratteristiche di intrinseca musicalità insite nel lavoro di Wilde. Venne rappresentata per la prima volta il 9 dicembre 1905 e, nell’arco di due anni da allora, venne eseguita in 50 diverse sale da concerto. Nick Cave e gli U2 ne sono stati direttamente influenzati ma ciò che colpisce maggiormente lo spettatore contemporaneo di fronte alla fedele rivisitazione firmata Al Pacino (dopo 18 sudatissimi mesi di lavoro) è, dulcis in fundo, l’assoluta, irresistibile, adamantina, talentuosa bellezza della star planetaria Jessica Chastain. La rossa californiana più affascinante di Hollywood aveva ottenuto il primo ruolo da protagonista solo tre anni prima (nel 2008) e vive il suo annus mirabilis proprio nel 2011, quando viene ammirata sul grande schermo in The Tree of Life dell’immenso Terrence Malick e vince, proprio grazie alla sua mirabile interpretazione di Salomé, a Venezia 68 il Gucci Award for Women in Cinema 2011, attribuito alle donne che si sono distinte in ambito cinematografico, premio istituito per la prima volta proprio quell’anno. 
Pacino descrive così la sua amata protagonista: “È stata fantastica, ha rappresentato il suo personaggio semplicemente in modo ideale, quasi celestiale, senza di lei non avrei potuto fare ‘Salomé’.