Venezia74: Suburbicon- George Clooney dirige una black comedy di conflitti razziali e false società modello
America, 1957. Suburbicon è una patinata realtà residenziale a totale appannaggio di famiglie bianche e ricche, dove esistono (o almeno così dovrebbe essere) solo felicità e sorrisi. Nel quartiere vi si trasferiscono anche i Myers, anche loro belli e ricchi, ma con un grande ‘difetto’, essere di colore. Alla scoperta della ‘novità’, nel vicinato monta l’isteria generata dall’arrivo di quella prima coppia nera. Nel frattempo, però, anche la stessa comunità bianca è scossa da una serie inaspettata di accadimenti. In casa Lodge, infatti, ricca e rinomata famiglia del quartiere capitanata dal capofamiglia Gardner Lodge (Matt Damon), dopo la ‘visita’ notturna di alcuni malviventi, si scatenerà una spirale di eventi alimentati esattamente da ciò che la perfezione di Suburbicon nasconde: segreti, tradimenti, invidie, malvagità. Tutti elementi destinati, di lì a poco, a smascherare la vera natura di quel sogno di perfezione e a intaccarne la falsa purezza.
George Clooney torna dietro la macchina da presa per la sesta volta con un film che porta la firma di sceneggiatura dei fratelli più ‘terribili’ del cinema americano, i Coen (la sceneggiatura è scritta dai Coen assieme allo stesso Clooney e Grant Heslov). Il sottotesto dark e grottesco che innerva il Suburbicon di Clooney è in effetti di matrice tipicamente “coeniana”, anche se poi George Clooney si diverte di suo ‘pugno’ ad architettare la storia con la ‘pulizia’ registica che di norma gli appartiene. Nonostante un incipit un po’ fiacco e una storia di fondo più volte rivisitata al cinema (quella del mondo/sogno perfetto americano dissezionato e stritolato poco a poco dagli eventi), Suburbicon inanella una alla volta tutte le pedine giuste per mettere a segno un film riuscito, che dalla metà in poi sprigiona l’energia interna fino a quel momento silente. La critica feroce alla società americana è portata avanti nella lenta decostruzione di una apparentemente perfetta famiglia bianca, e nelle palesi ingiustizie perpetrate nei confronti di una normalissima famiglia nera. Due famiglie vicine, con figli coetanei che giocano insieme a baseball dai loro rispettivi giardini, che incarnano nel loro confronto la palese disfatta proprio di quel mondo-modello società perfetta in stile Suburbicon. Un sobborgo dove in realtà regna la miseria più becera, dove impazzano le invidie, dove domina la prevaricazione dell’altro.
Il film di Clooney (presentato in concorso a Venezia 74) parte in sordina ma poi cresce esponenzialmente, anche grazie a un cast molto ben assortito in cui spiccano la bravura incontestata di Julianne Moore (qui nella doppia parte di Nancy Lodge e Margaret Lodge) e il guizzo interpretativo di un bravissimo Oscar Isaac (nella parte di Roger, agente assicuratore senza scrupoli). Non a caso la scena migliore dell’intero film è quella in cui i due attori duettano in un testa a testa di cavilli verbali e legali davvero imperdibile.
Nel complesso una commedia nera che funziona, con un buon ritmo e alcuni picchi, e un finale che suggella bene la feroce critica alle società fintamente bene e al razzismo che le attraversa.