Vacanze ai Caraibi
Con un’apparizione per l’immancabile caratterista Stefano Antonucci, come c’era da aspettarsi il primo che troviamo in scena, a Roma, è il mattatore della risata sotto l’albero Christian De Sica, alle prese con grossi problemi finanziari e con la moglie Angela Finocchiaro, ossessionata dallo shopping compulsivo e tormentata dalla morte del proprio cane.
Ma la data da cui tutto ha inizio non è il giorno di Natale, bensì il 31 Dicembre, nel quale facciamo conoscenza anche con un Dario Bandiera maniaco della tecnologia impegnato a Catania a presentare assurde app per il telefono cellulare e, su una nave da crociera, con Ilaria Spada e Luca Argentero, sconosciuti tra loro ed entrambi in vacanza con i rispettivi coniugi.
Tutti personaggi destinati a ritrovarsi ai Caraibi, in quanto i primi vanno a conoscere il maturo compagno della giovane figlia Maria Luisa De Crescenzo, ovvero un Massimo Ghini (biondo!) squattrinato che credono essere miliardario, il secondo finisce su un’isola deserta come il Tom Hanks di Cast away (2000) e i terzi – pur completamente diversi l’uno dall’altra – si lasciano travolgere dalla passione trasformandosi in due incontrollabili fedifraghi.
E, con rapinatori in agguato, sono proprio i loro grotteschi amplessi consumati ovunque capiti a rivelarsi l’anello più debole (con tanto di incantesimo Voodoo per evitare l’eccitazione) della circa ora e quaranta di visione messa in piedi dal veterano del filone Neri Parenti; il quale, memore probabilmente dei suoi trascorsi cinematografici al servizio di Paolo Villaggio, non manca neppure di tirare in ballo accenni fantozziani (si pensi solo all’arpione accidentalmente conficcato nel piede) nel corso dell’avventurosa esperienza cui è costretto il citato Bandiera, preso a sfoggiare il proprio consueto campionario di emulazioni di rumori tramite bocca.
Per non parlare dell’evidente strizzata d’occhio a Lei (2013) di Spike Jonze nel momento in cui consuma esclusivamente per mezzo del tablet baci e sesso con una ragazza appena conosciuta, rimarcando l’evidente intento di denuncia nei confronti di una società che non sembra più riuscire a fare a meno di reti telematiche e invenzioni del terzo millennio.
Anche se, sorvolando su una regia piuttosto stanca e sulle solite ed il più delle volte evitabili volgarità (tra peti, urina da versare nel radiatore dell’automobile e battute piuttosto grevi), sono soprattutto gli equivoci e i doppi sensi che vedono protagonisti il figlio del grande Vittorio e l’interprete di Tutta la vita davanti (2008) a regalare buona parte delle occasioni per sprofondare in risate.
Ciò, però, non basta.