Ustica
Se nel 2000 il veterano del cinema di genere e sperimentale tricolore Romano Scavolini provvide a raccontare in Ustica: una spina nel cuore una vicenda in qualche modo legata a quella del DC9 appartenente alla compagnia aerea ITAVIA schiantatosi tra le isole di Ponza e Ustica il 27 Giugno di vent’anni prima, il lombardo classe 1948 Renzo Martinelli parte direttamente da figure esistenti per mutarle e miscelarle sullo schermo all’interno di personaggi immaginari tramite cui offrire un tentativo di ricostruzione di quella tragedia irrisolta e con tre ipotesi avanzate quali cause: cedimento strutturale dell’apparecchio, un missile che lo ha colpito per errore, una bomba nella toilet di coda.
Ma, reduce da tre anni di lavoro – a stretto contatto con due ingegneri aeronautici – sulla mole enorme di perizie e testimonianze effettuate nel corso degli oltre tre decenni trascorsi dal disastro che produsse ottantuno vittime, prendendo le distanze anche dall'arcinoto Muro di gomma diretto nel 1991 da Marco Risi è una nuova e decisamente più credibile verità quella che l’autore di Piazza delle cinque lune e Barbarossa lascia emergere nel corso della oltre ora e quaranta di visione messa in piedi.
Ottantuno vittime comprendenti la figlia della giornalista siciliana Roberta Bellodi, che, con le fattezze della ex Bond girl Caterina Murino, rimane invischiata in un labirinto di depistaggi, scomparsa di prove e testimoni chiave insieme al deputato al Parlamento italiano Corrado di Acquaformosa alias Marco Leonardi, membro della commissione incaricata di far luce sull’incidente.
E, se nell’assistere alle imprese dei jet con effetti digitali annessi torna inevitabilmente alla memoria il non esaltante look di determinate produzioni Asylum a basso costo quali Airline disaster e Airplane vs vulcano, l’evidente doppiaggio posticcio non può fare a meno di penalizzare le prove sfoggiate da un buon cast che include, tra gli altri, Tomas Arana, Enrico Lo Verso e la Federica Martinelli figlia del regista.
Infatti, mentre viene giustamente osservato che la storia è scritta dalla ragion di Stato e non dagli storici, si respira in buona parte aria di soap opera nell’inscenare l’ennesima sciagura priva di spiegazioni di un’Italia senza speranza e dalla moglie americana e l’amante libica.
Anche se la non disprezzabile struttura narrativa dell’operazione contribuisce in maniera fondamentale a renderla ritmata e tutt’altro che noiosa, limitandone il giudizio negativo nei suoi confronti.