Una nuova stella nel firmamento di un Cinema di cui sappiamo troppo poco – Recensione di “L'Educazione di Rey”

Esordio lungo dell'argentino Santiago Estevez, titolare anche di due ottimi cortometraggi, L'Educazione Di Rey (nella lingua madre il nome sta, ovviamente, anche per “re”), narra in maniera abbastanza asciutta una storia dove c'è corruzione, emarginazione, voglia di riscatto e quant'altro ma lo fa in maniera talmente originale che, a un certo punto, sembra diventi quasi un film di genere.

Evidentemente ispirato a Gran Torino di Eastwood ma senza quell'alone hollywoodiano che, in verità, appare poco anche nel film del grande anziano (ma comunque c'è), il film di Estevez sembra ambientato in un tempo che potrebbe tranquillamente essere il periodo dopo la sanguinaria dittatura oppure oggi. L'uso, molto parco, dei cellulari che, oramai, perlomeno nel nostro Paese, sono un elemento “indispensabile” al nostro corpo (nonostante sarà proprio un telefonino a risolvere la storia) oppure la corruzione sfrontata delle forze dell'ordine, ci portano in uno spazio dove il tempo conta poco e dove i personaggi assumono dei ruoli simbolici. Tant'è che, ad un certo punto il film esce fuori dai binari di un realismo anche efficace per diventare quel thriller di genere di cui dicevamo sopra.

C'è poi, il romanzo di formazione, dove un ragazzo si trova ad affrontare una vita da grande, prima di essere grande. Romanzo con finale apertissimo e quindi più credibile.  Insomma, nonostante gli elementi di fascino siano tanti, a volte apparentemente discordanti, il film ha comunque una struttura solida che ne fa un bel film. Merito, oltre tutto il già detto, anche degli attori (c'è un grandissimo Germàn Da Silva, l'ex guardia giurata, che quasi gigioneggia in maniera egregia) che fanno intuire una gran bella nuova scuola argentina. Speriamo nel coraggio dei distributori.