Una

Tratto dall'opera teatrale Blackbird, di David Harrower, arriva al cinema Una, di Benedict Andrews, con Rooney Mara e Ben Mendelsohn.
Un film perverso e prolisso che vorrebbe essere angosciante ma ribalta i ruoli di vittima e carnefice, facendo quasi detestare la protagonista.

La storia, purtroppo tristemente attuale, è costruita su due piani narrativi, presente e passato, e racconta di Una e della relazione che ebbe con un vicino di casa quando era solo tredicenne. Un evento che l'ha segnata nel profondo e che, quindici anni dopo, la porta a rintracciare Ray, l'uomo che le ha rovinato la vita in tanti, troppi modi. Ray l'ha sedotta e abbandonata, ha fatto di lei l'oggetto di scherno e ira da parte dell'intero quartiere, l'ha resa insicura. Ma Una è ossessionata da lui, vuole finire quello che avevano iniziato sebbene lui sia sposato e non si arrende. La sua è quasi una missione suicida.

Racconto distorto di un amore malato, che si incancrenisce con il passare del tempo. Ma se la vicenda in sé appare discutibile e destabilizzante, l'impianto visivo e il ricorso a notevoli esercizi di stile, si rivelano essere il vero punto di forza della storia.
La messa in scena è indiscutibilmente molto teatrale, perché proprio da una pièce è tratto il film, e la macchina da presa si sofferma ripetutamente sui volti dei protagonisti, illuminandoli per metà come a svelare due facce di una stessa medaglia. Con un abile gioco di luci e ombre sui personaggi, il regista mette nero su bianco le loro emozioni, incorniciandone di volta in volta lacrime o frustrazione. I campi vuoti dell'azienda in cui lavora Ray e il bianco accecante dei corridoi si caricano di angoscia, alternandosi con i flashback di strade illuminate da fiochi lampioni e nostalgiche stanze rimaste ferme nel tempo.

Interessante esercizio di stile ma nulla di più: la sceneggiatura dello stesso Harrower, fatta di dialoghi diradati e lunghi silenzi risulta ben presto snervante. Non bastano i colpi di scena finali, non basta la bella presenza di Riz Ahmed a risollevare le sorti di un film che non riesce a spiccare il volo e rimane incatenato tra le quinte di un palcoscenico, luogo forse più adatto ad un simile dramma introspettivo.

Una vuole essere un esordio alla regia dichiaratamente d'autore: fa delle inquadrature fisse e perfettamente simmetriche una sorta di mantra ma si arrovella su se stesso lasciando tanti interrogativi in sospeso, svelando troppe falle nella sceneggiatura. Claustrofobico non come un buon thriller psicologico ma come qualcosa da cui si vuole uscire al più presto perché è chiaro fin da subito che non porterà a nulla, se non a una strada buia su cui cammina una donna vestita di bianco, quasi un fantasma, che forse ha ritrovato la retta via, forse ha fatto pace con se stessa e con il proprio passato, con i propri incubi e rimorsi, con i propri desideri più cupi.

Ambientato in una indefinita provincia inglese, Una è stato girato tra Northampton e il Kent ed è l'opera prima di Andrews, presentata al Toronto Film Festival, al Telluride Film Festival e alla Festa del Cinema di Roma: vanta due interpretazioni di grande intensità da parte di Rooney Mara e Ben Mendelsohn ma l'argomento così attuale, osceno e arduo della pedofilia viene trattato con tanta, troppa ambiguità.