Un amore all'altezza
Diane (Virginie Efira) è bella e bionda, fa l’avvocato presso lo studio di proprietà, ed è in rotta con il suo ex marito Bruno (lo sceneggiatore e regista Cédric Kahn), anche socio in affari dello studio legale. Dopo una lite con quest’ultimo, in un locale, Diane scorda il suo cellulare al tavolo. A ritrovarlo sarà Alexandre (Jean Dujardin) che, dopo averla ricontattata, le proporrà di restituirle il telefono in cambio di un appuntamento “al buio”.
Dapprima restia, la giovane avvocatessa si lascerà poi convincere dai modi garbati e dalle parole suadenti di quell’uomo che non ha mai visto prima, ma che già immagina un po’ come il principe dei suoi sogni. L’incontro con Alexandre sarà però una vera sorpresa sotto molti punti di vista. Non solo perché Alexandre non è bello e (soprattutto) alto come lei lo immaginava, e anzi è decisamente basso (1.45 scarso), ma anche perché a dispetto del suo fisico mignon, l’uomo mostrerà sin da subito doti e pregi sorprendenti, certamente “all’altezza” di conquistare il cuore di una donna. Eppure, i pregiudizi e i tabù legati alla loro potenziale unione, scoordinata dal punto di vista prettamente "proporzionale", porranno più di un ostacolo di fronte al volere del cuore di Diane.
C’è qualcosa di molto scorretto e lesivo all’interno del soggetto di quest’opera di Laurent Tirard (Le avventure galanti del giovane Molière), che proponendosi (forse) di parlare di integrazione e superamento dei pregiudizi, finisce per essere invece al contrario opera che cavalca il cattivo gusto e la presa in giro spensierata nei confronti delle categorie protette. Un amore all’altezza fa leva infatti sin da principio sul gioco di parole messo in piedi tra l’essere abbastanza alti (fisicamente) ed essere all’altezza (idealmente, moralmente) di conquistare il cuore di una donna, o più in generale di un partner. Un Jean Dujardin “striminzito” (che qui rimpiangiamo ai tempi dei deliziosi panni di The Artist), si ritrova infatti fare i conti con la sua statura ridotta, e a dover riabilitare la propria grandezza attraverso una presenza mentale e di spirito superiori alla media. Ma la macchietta (tra la bionda alta e il fascinoso e ricco ma – troppo - basso) è dietro l’angolo, e Un amore all’altezza finisce per tentare di strappare una risata sacrificando il bon ton, l’eleganza, e soprattutto il rispetto verso tutte le categorie che tira con leggerezza in ballo.
Purtroppo la mancanza di 'sobrietà' verso il prossimo sbanda le intenzioni del film, allontanandolo di molte misure da quella che poteva essere la riuscita operazione di sensibilizzazione alla “Quasi Amici”, e riducendo invece la commedia d’Oltralpe a una improbabile e sbilenca sequela di dialoghi e qui pro quo tutti legati alla ‘diversa’ altezza del protagonista (sedie troppo grosse, scaffali irraggiungibili, cani di grossa taglia che diventano orsi). Jean Dujardin, con la sua faccia simpatica e l’espressività profonda ed eclettica, è dunque forse l’unica cosa che si salva all’interno di un film che fa della superficialità il suo (mesto) portabandiera.