Tutto quello che vuoi: il "Quasi Amici" italiano?
Storico cineasta autore, tra l’altro, di Sacco e Vanzetti e Tempo di uccidere, Giuliano Montaldo non è certo nuovo ad esperienze di attore, considerando che la sua lunga avventura nell’universo della Settima arte cominciò proprio grazie ad un ruolo in Achtung! Banditi!, diretto nel lontano 1951 da Carlo Lizzani.
Riprendendo in un certo senso la tematica del confronto generazionale affrontata nel riuscito Scialla! (Stai sereno), lo sceneggiatore Francesco Bruni – alla sua terza prova dietro la macchina da presa – lo cala nei panni dell’ottantacinquenne poeta dimenticato Giorgio, il quale, colpito dal morbo di Alzheimer, si trova presto ad essere accompagnato dal turbolento ed ignorante ventiduenne Alessandro, interpretato dall’Andrea Carpenzano visto ne Il permesso – 48 ore fuori.
Ventiduenne che, in realtà, accetta malvolentieri il lavoro offertogli; fino al momento in cui, portata anche la propria piccola combriccola di perdigiorno in casa dell’elegante signore, scopre insieme ad essi che il suo passato remoto comprende una ricchezza rimasta sepolta in un luogo fuori città. Ricchezza che li porta ad intraprendere una vera e propria caccia al tesoro in compagnia dello stesso Giorgio, richiamando vagamente alla memoria determinate pellicole statunitensi per ragazzi risalenti agli anni Ottanta (pensiamo soltanto a Stand by me – Ricordo di un’estate di Rob Reiner), ma senza riuscire ad evocarne il cuore ed il coinvolgimento che le caratterizza.
Perché, se da un lato i lenti ritmi di narrazione non possono fare a meno, a lungo andare, di infiacchire la oltre ora e quaranta di visione, dall’altro il tanto stereotipato quanto classista sguardo radical chic del regista non tarda a dominare buona parte dei fotogrammi che scorrono, offrendo oltretutto un ritratto piuttosto inverosimile dello stivale tricolore d’inizio XXI secolo.
Sorvolando sulla immancabile, netta distinzione tra “buoni” e “cattivi” banalmente associati in maniera evidente a due opposte correnti politiche (ricordiamo che Bruni scrive anche i film del sopravvalutato Paolo Virzì), sarebbe sufficiente citare il fatto che i tre amici del protagonista manifestano atteggiamenti e linguaggio (tra l’altro talmente caricati da apparire quasi come parodie) da estrema periferia romana, ma vengono collocati nel fin troppo chic quartiere di Trastevere.
Soltanto una delle pecche di Tutto quello che vuoi, che, tra una sequenza con posto di blocco dei carabinieri dagli esiti “grottescamente partigiani” e un del tutto inutile bacio sotto la pioggia con una altrettanto inutile tabaccaia incarnata da Donatella Finocchiaro, tenta di accattivarsi lo spettatore meno esigente ricorrendo furbescamente ad un prevedibilissimo epilogo strappalacrime preceduto, tra l’altro, dalla tanto toccante quanto sprecata frase “Nella poesia puoi amare chi ti pare, nella vita ami solo la persona che hai accanto”.
Epilogo a cui si giunge attraverso una corsa dal sapore quasi mucciniano, al servizio di un’operazione che, al di là di qualche rara gag simpatica (citiamo quella con l’anziana elemosinante e la partita alla consolle), nel ribadire che non ci si abitua mai alla bellezza delle cose lascia apprezzare soltanto la lodevolissima prova di Montaldo, il migliore del cast insieme a Raffaella Lebboroni e Carolina Pavone (la prima è la sua padrona di casa, la seconda una ragazza con cui fa conoscenza Alessandro).
Poteva essere il Quasi Amici italiano, ma riesce, a malapena, a rivelarsi quasi sufficiente.