Troppi volti per un corpo solo - Recensione di "Quattro Vite”
Prima di iniziare a parlare del nuovo film di Arnaud Des Pallières permettetemi una divagazione. Quando ero all'Università, duemila anni fa, è capitato qualche volta che durante le lezioni di Storia e Critica del Cinema, il proiezionista improvvisato scambiasse le pizze della pellicola e iniziasse la visione da racconto inoltrato. Ovviamente il tutto spiazzava gli studenti-spettatori a cui mancava qualcosa di imprescindibile per seguire il filo. Quattro vite sembra proprio una di quelle esperienze stranianti.
Il regista afferma: “Ero convinto che lo spettatore avrebbe compreso rapidamente il principio del film: quattro attrici recitano quattro fasi della vita di una donna”. Il fatto è che, pero, il racconto inizia dalla fine, i personaggi non sembrano la stessa persona e la storia è alquanto latitante. Qualcuno potrebbe dire che lo sviluppo narrativo può anche non esserci in un film d'autore. E' quindi un film alla Godard più avangurdista? No. Il fatto che soltanto al termine della proiezione lo spettatore relizzi tutto quello che è accaduto precedentemente (dando una luce completamente diversa all'ora e mezzo passata) ne fa un film alla Il Sesto Senso o alla I Soliti Sospetti? No. I vari livelli temporali che si intrecciano senza un apparente senso, ricordano capolavori tipo Pulp Fiction? No. La bambina che appare alla fine è soltanto il senso della ricerca della propria innocenza come in Quarto Potere? No.
Il film in questione è un lavoro macchinoso che spesso tende anche ad essere forzatamente provocatorio e che nonostante si faccia in quattro (davvero) per rappresentare un carattere efficace e finanche “poetico” non ci riesce mai. Il Cinema francofono ci ha regalato tanti ritratti femminili da far mancare il fiato. Betty Blue, Amelie, la Sandra di Due Giorni, Una Notte dei fratelli Dardenne e moltissimi altri. E ogni volta a loro ci siamo affezionati, abbiamo tifato, ci siamo commossi e quant'altro. Purtroppo a questa donna quadripolare di Des Pallières non vogliamo bene perché neanche la capiamo, anzi non riusciamo neanche a (ri)conoscerla e lo sforzo per cercare di dare un senso a tutto il percorso senza riuscirci, ci fa anche un po' irritare.
Bella fotografia, bravi gli attori ma non basta. Passate oltre.