Troppa Grazia: Gianni Zanasi dirige una “divina” Alba Rohrwacher nelle miracolose peripezie della vita
Lucia (Alba Rohrwacher) fa la geometra e si occupa principalmente di rilevamenti catastali. Sul lavoro è una persona scrupolosa e attenta che cerca di dare “sempre il meglio”. Ha avuto una figlia (Rosa) da ragazza e ha appena chiuso una lunga relazione con Arturo (Elio Germano). Le sue difficoltà economiche la costringono ad accettare ogni lavoro. Ultimo in ordine cronologico sarà il lavoro catastale assegnatole dal suo amico sindaco del paese Paolo (Giuseppe Battiston) subito prima di iniziare dei lavori su un terreno nel quale un imprenditore di zona ha grosse mire economiche. Ma la situazione catastale del terreno sembra avere qualche ‘problema’ che Lucia vorrebbe portare a galla, ma sul quale Paolo le chiederà di “chiudere un occhio”.
Dopo le armonie disordinate de La felicità è un sistema complesso, Zanasi torna sulle mirabolanti alchimie della vita con Troppa Grazia, presentato a Cannes 2018 nella sezione Quinzaine des Réalisateurs. Nuovamente ancorato a una malinconia di fondo che però si sposa con gli slanci positivi della vita (la felicità, la grazia) Zanasi fa incontrare sacro e profano per disegnare una commedia poetica e ironica sulle inaspettate follie della vita. Alba Rohrwacher veste i panni modesti di una geometra con troppa grazia e molta insicurezza, e dunque nel suo comico e drammatico incontro con il ‘trascendente’ si sviluppa il senso di quella lungimiranza, quello sguardo d’insieme che troppo spesso manca nelle nostre vite quotidiane. Sospesa tra un rapporto interrotto ma ancora in grado di generare calore, e una realizzazione personale ancora lungi dal compiersi, Lucia ricerca nel suo contatto con il divino una combinazione in grado di sciogliere i nodi della vita. Qualcosa che forse non accadrà ma che aprirà comunque il varco al nuovo, all’inaspettato, al ‘miracoloso’.
Poesia e leggerezza, sostenute da ironia e guizzo narrativi, confluiscono nel film grazie a una scrittura che serve alla perfezione la dimensione sovrannaturale del racconto. Gianni Zanasi segue le evoluzioni di questa ballata romantica tra un essere terreno e un’entità ultraterrena che condividendo quella ‘troppa grazia’ del titolo sembrano rimandare a un mondo bello, più buono, dove l’attenzione per l’altro, per la natura, per le cose della terra sembra diventare di fondamentale importanza.
Contaminato da una grazia naturale incarnata perfettamente da una Rohrwacher mai così in parte e ben diretta, il film di Zanasi è una critica ‘disincantata’ agli interessi biechi, al disinteresse diffuso verso tute le forme di vita e vitalità. In una dimensione più onirica che reale di rapporti umani, lavorativi, terreni e ultraterreni che si alternano e si contaminano, Troppa Grazia vola verso un finale di scoperta e meraviglia che cristallizza alla perfezione la grandezza ‘miracolosa’ del film.