Torna il dramma carcerario Papillon: Charlie Hunnam e Rami Malek prendono il posto di Steve McQueen e Dustin Hoffman

Con la sua opera prima internazionale, il regista danese Michael Noer riporta sul grande schermo la storia di Henri “Papillon” Charrière e di Louis Dega rinnovandone il punto di vista: non solo la solitudine e non solo la prigionia ma principalmente l'amore quale ingrediente principale di una storia di sopravvivenza e di speranza. Perché solo grazie all'amore, inteso come rispetto e lealtà, i due protagonisti dell'incredibile vicenda realmente accaduta, sono riusciti a non morire, a non impazzire, a non lasciarsi sopraffare dall'oblio.

Decisamente più cruento del primo film di Franklin J. Schaffner, con Steve McQueen e Dustin Hoffman, il nuovo Papillon punta su due volti giovani e freschi del cinema internazionale e li cala in un'atmosfera dal sapore tanto tragico quanto poetico, nella quale grande importanza hanno la musica di David Buckley e la fotografia di Hagen Bogdanski che per ogni location ed ogni circostanza ha scelto tonalità differenti, in alcuni momenti più calde e vivaci, come al Mouline Rouge, ed in altri più fredde e cupe, come nel carcere, al fine di enfatizzare la tensione e lo stato d'animo dei personaggi.

Se il predecessore del 1973 era stato girato in Giamaica, il remake di Noer è stato invece realizzato tra Serbia, Montenegro e Malta ed ancora una volta si basa sull'autobiografia dello stesso Papillon che prende il nome dal suo tatuaggio a forma di farfalla, in francese, appunto, papillon.

Lo spessore di McQueen e Hoffman è innegabile ma è indubbio che anche i due giovani alter ego – visto in King Arthur, Crimson Peak, Pacific Rim e I figli degli uomini il primo e vincitore di un Emmy come Miglior Attore per la serie Mr. Robot il secondo – hanno fatto un ottimo lavoro, interpretando Hunnam un uomo ingiustamente condannato all'ergastolo, che si rifiuta per questo di lasciarsi andare e continua, nel corso della sua prigionia, a progettare fughe, e Malek, un minuto e timido falsario che accetta di pagare le fughe di Papillon, ricevendo in cambio la sua protezione.

Il legame dapprima improbabile tra i due uomini diventa ben presto un'ancora di salvezza e si consolida, fino a far sì che ognuno operi nell'interesse, nella cura e nella difesa dell'altro.

Più cruento, si diceva: sebbene infatti il 1973 sia stato l'anno di uscita niente meno che dell'Esorcista, il primo Papillon non vantava grandi spargimenti di sangue mentre nel remake del regista danese qualche scena decisamente più sanguinolenta, quando non addirittura pulp, vista la tattica adottata da Dega per nascondere le banconote arrotolate, c'è. Ma non guasta né è disturbante; semplicemente si sposa con la ferocia di certi atteggiamenti che quotidianamente si verificavano sulla temuta Isola del Diavolo.

Se da un lato, in alcune inquadrature, Charlie Hunnam ricorda l'indimenticabile Steve McQueen, dall'altro Rami Malek, per il ruolo rivestito all'interno del carcere, nel quale, in quanto persona colta e abile coi numeri, inizia a tenere la contabilità del direttore, non può non rimandare al personaggio magistralmente interpretato da Tim Robbins in Le ali della libertà, probabilmente il dramma carcerario più riuscito degli ultimi decenni.

E se la sceneggiatura del primo film, scritta tra gli altri dal celeberrimo Dalton Trumbo, si era presa maggiori libertà rispetto all'autobiografia di Charrière, quella di Aaron Guzikowski, già autore del riuscito Prisoners, sembra sia rimasta invece più fedele al testo.

Il risultato è comunque un buon prodotto che mescola sapientemente l'entertainment con la vicenda storica, con due altrettanto valide – e molto fisiche - prove attoriali ed un efficace connubio di scenografia e fotografia.