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Torna a casa, Jimi!: un'opera d'esordio che vuole abbattere i confini
Yannis (Adam Bousdoukos, Soul Kitchen), da poco rimasto single, povero in canna e con la carriera di cantante in declino, è in procinto di partire per l'Olanda dove spera di rimettersi in carreggiata. Quando il piccolo bastardino Jimi (chiamato così in onore di Hendrix) scappa e finisce nel territorio occupato di Nicosia, Yannis dovrà inventarsi qualcosa per ritrovarlo e riportarlo a casa.
Che la commedia possa essere il genere adatto a raccontare i disagi e le difficoltà di una popolazione è ormai risaputo, che si possa comunque rimanere sorpresi dal progetto che ne viene fuori è invece la grande incognita di sempre e ciò che può determinarne il successo o meno. Torna a casa, Jimi! è esattamente quel genere di pellicola, capace di mostrare uno spaccato tanto spaventoso quanto attuale attraverso la lente della risata e della leggerezza.
Nato a Nicosia, sull'isola di Cipro, divisa in due territori dal 1974, Marios Piperides (regista e sceneggiatore della pellicola) esordisce al lungometraggio con un piccolo gioiello del cinema indipendente, in sala dal 18 aprile grazie alla Tucker Film e vincitore del Premio del Pubblico al Tribeca Film Festival.
Forte e segnato dalla sua personale esperienza, il cineasta riesce a ritrarre con estrema intelligenza una situazione che rimanda ad un passato postbellico fatto di intolleranza, incomprensioni ed odio: era il 1989 quando fu abbattuto il Muro di Berlino, eppure 15 anni prima un altro ne era stato eretto, in una zona forse meno "rinomata" rispetto alla Germania, ma altrettanto fondamentale in termini di umanità.
Invadere un popolo, separarlo e costringerlo ad esistere in perenne stato di conflitto, conflitto dettato da interessi che poco o nulla hanno a che fare con la gente che abita quei territori, non è certamente una novità ma resta ugualmente un crimine agli occhi di chi (ri)conosce il valore della vita e della libertà.
Torna a casa, Jimi! mostra in maniera evidente le somiglianze, più che le differenze, tra i greci-ciprioti ed i turchi-ciprioti, entrambi appartenenti e rappresentanti di una popolazione spezzata, vittime di imposizioni che non permettono loro di convivere in armonia, o anche solo di vivere senza doversi sempre guardare le spalle, o giustificarsi per la loro appartenenza.
Originale e particolarmente apprezzabile l'escamotage pensato per dare il via alla vicenda, ossia la fuga con la conseguente ricerca del cagnolino, grazie al quale si passa da un piglio comico ad uno più drammatico in maniera graduale (come i "baby steps" affrontati da Yannis), riuscendo ad alternare ed integrare bene le due linee narrative. Splendido anche il gioco di rimandi all'idea di confine, a partire dall'insegna del negozio sopra cui vive il protagonista sino ad arrivare alla toccante canzone sui titoli di coda, Through the roof n'underground di Gogol Bordello.
Il messaggio finale, senza troppi giri di parole, è chiaramente di speranza, di invito all'apertura (non solo mentale) e all'accettazione, di riscoperta di quelli che sono i valori umani a prescindere dalla provenienza, dalla razza o da qualsiasi altro tipo di etichetta impostoci.