Tommaso
Tommaso è Kim e Kim è Tommaso, per molti versi. Almeno è la sensazione che traspare potente dall’ultima opera di Rossi Stuart.
Lui stesso ammette la presenza di vene autobiografiche, pur restando nel complesso un’opera di finzione che peraltro va a percorrere il sentiero già tracciato con Anche libero va bene. Infatti il Tommaso protagonista del film, è lo stesso “Tommy”, ora divenuto adulto, che deve relazionarsi con l’abbandono della madre avvenuto nel film di 10 anni fa.
Quello che ne scaturisce è un’opera che potremmo definire per molti versi “morettiana” per il suo modo di proporre continue analisi e per i suoi ritmi dilatati. Quest’aspetto è preponderante soprattutto nella prima parte, mentre nella seconda diventa più personale, forse anche grazie all’approccio diverso che il protagonista ha con Sonia, la sorprendente Camilla Diana, prendendo così una piega più emozionale.
Purtroppo però, a dispetto degli sforzi del deus ex machina Kim Rossi Stuart, il film resta noioso e piuttosto piatto.
I concetti e le sensazioni che ci vuole trasmettere sono subito, o quasi, chiari, lapalissiani e talmente dilatati nei 93 minuti, che diventano un fardello opprimente.
Certo ci sono alcune scelte divertenti (il rapporto con Sonia ad esempio) e altre interessanti (il mostrare i pensieri di Tommaso verso le donne spiattellandoli in faccia allo spettatore), ma tutto questo non è sufficiente a dare motore alla vicenda o a diluire altre scelte, come la figura dello psicologo, piuttosto banali.
Anche il protagonista alterna momenti di grande recitazione ad altri decisamente sopra le righe, motivati dal suo stesso personaggio, un attore in crisi creativa e personale, che tende a rifugiarsi nella sua stessa recitazione usandola come una maschera.
Luci - poche - e ombre - tante - quindi in questa opera seconda di un grande talento del nostro cinema che speriamo comunque di rivedere presto.