Thelma e la sua splendida e terrificante ricerca dell’Io
Non è sempre facile raccontare di omosessualità, di accettazione, di morte, di religione e della percezione della propria ‘diversità’ senza inciampare in stereotipi o in banale retorica, eppure il norvegese Joachim Trier v’è riuscito, eccome se v’è riuscito! Acclamata al Toronto Film Festival, e vincitrice del Premio Speciale della Giuria al 50° Sitges, Thelma è una di quelle opere cinematografiche che sfugge alle semplici etichettature. Già, perché qui il thriller psicologico, il dramma, il Coming of Ages e l’horror supernatural si intrecciano tra loro creando una densa rete di generi differenti: un puzzle complesso assemblato a meraviglia.
Da un paesino norvegese circondato da distese innevate e laghi ghiacciati, Thelma si trasferisce a Oslo per iniziare gli studi universitari. Lì conoscerà Anja, e l’amicizia tra le due ragazze si rivelerà ben presto essere un affetto molto più profondo: un amore peccaminoso, per chi, come Thelma, è cresciuta secondo rigidi dettami cattolici. La ragazza farà del tutto per non cedere a quella improvvisa e destabilizzante pulsione, ma quando deciderà di abbandonarsi ai sentimenti scoprirà di possedere strani e disturbanti poteri, poteri che la sua mente, e i suoi genitori, hanno da sempre provato a occultare…
Dopo aver assistito ai terribili, e al contempo indimenticabili, primi minuti del film di Trier, il dubbio era se per il filmmaker scandinavo sarebbe stato possibile mantenere alta l’asticella delle aspettative create con quel prologo nello spettatore. Invece, l’autore di Segreti di famiglia rispetta le attese del pubblico fino all’ultima inquadratura. Grazie infatti ad allegorie e metafore cristologiche mostrate come allucinazioni oniriche della protagonista, per l’intera durata della ‘pellicola’ si respirerà una continua atmosfera di crescente inquietudine: il serpente che fuoriesce dagli inferi della terra per infilarsi sinuosamente nella bocca di Thelma; il fuoco divoratore che quasi al pari dell’idolo del vitello d’oro colpirà uno dei personaggi; la parabola di Lazzaro.
All’interno di questa cornice soprannaturale e fortemente simbolica, Trier ha l’abilità di tessere una narrazione fitta, e a tratti straniante, di temi importanti e universali quali la presa di coscienza della propria identità, il rapporto tra un padre e una figlia, il difficile e doloroso passaggio all’età adulta, i danni causati da un’educazione improntata su severe regole dogmatiche, i sensi di colpa derivanti da insegnamenti bigotti e il faticoso percorso verso la libertà dell’Io. Una netta ‘impronta autoriale’ e qualche ripetizione di troppo, elementi che potrebbero forse sfiancare chi non sia avvezzo al cinema d’autore o chi non ami il ritmo spesso dilatato della cinematografia nordica, rendono però Thelma un’opera non adatta a tutti i palati, e ciò, nonostante la bravura del cast (Eili Harboe, Kaya Wilkins, Henrik Rafaelsen e Ellen Dorrit Petersen), la splendida fotografia e la solida struttura dello script, è un limite di non poco conto.
Al cinema con la sempre attenta e lungimirante Teodora Film, Thelma è l’horror che non ti aspettavi, il dramma che avresti voluto e il thriller che ti stringerà nelle sue tormentate spire.