The Young Pope
Se ne è parlato in lungo e in largo del debutto nel filone della serialità televisiva dell’oramai celebre regista nostrano Paolo Sorrentino (vincitore dell’Oscar per il Miglior film straniero nel 2014 con La grande bellezza). Si tratta di The Young Pope, ovvero una produzione originale Sky, HBO e Canal+ che andrà in onda in prima tv da ottobre su Sky in 5 Paesi (Italia, Regno Unito, Germania, Irlanda e Austria) e in Francia su Canal+.
Proiettati in anteprima mondiale al Festival di Venezia 2016, i primi due episodi (dieci in tutto) della serie firmata Sorrentino, prodotta da Wildside, coprodotta da Haut et Court TV e Mediapro, fanno davvero ben sperare per il successo di questa interessante coproduzione che si porta appresso una bella fetta di ‘italianità’.
Il bravo Jude Law veste i panni di Lenny Belardo, alias Pio XIII, ovvero il primo Papa americano della storia. Un uomo con un’infanzia segnata dalla mancanza dei genitori e dalla vita d’orfanotrofio che si rivelerà poi però un Pontefice ‘irriverente’, rivoluzionario, ma pur sempre capace di tenere le redini del macchinoso e complesso sistema ecclesiastico.
Sorrentino, e c’era senz’altro da aspettarselo, non rinuncia a calcare la mano sulla sua estetica composta, geometrica, tanto elegante da risultare perfino laccata, e a quello stile di regia che spesso e volentieri fa dell’immobilismo e della ricerca del dettaglio la sua chiave estetica preferita, soffermandosi sin dall’incipit su quei primi piani e su quelle carrellate da sempre a lui tanto care. A partire dai controversi titoli di testa (il papa che sbuca letteralmente da una distesa di neonati), però, The Young Pope mostra subito anche un’altra faccia della maschera ‘sorrentiniana’, ovvero un sarcasmo, un’ironia pungente che riprende il sovversivismo da sempre legato al nome del regista partenopeo, ma lo rende qui più immediato, accessibile, e addirittura più godibile.
Attraverso il suo giovane papa (un Jude Law inusuale ma perfettamente ‘calzante’) Sorrentino mette così a fuoco in chiave satirica una delle figure più importanti del sistema e dell’equilibrio globale (religioso e non), facendo altresì emergere quelle figure di contorno che ne determinano quasi sempre il carattere, le azioni, la reale essenza. Lavorando sull’assioma secondo cui il passato è un luogo vasto e dispersivo, mentre il presente una piccola feritoia dalla quale un paio di occhi possono vedere nitidamente, The Young Pope si concentra sul qui e ora, mescolando una serie di elementi del nostro contemporaneo a una buona dose di sarcasmo e surrealismo narrativi. Tutto questo per giocare con le contraddizioni, il margine sottile delle regole, dei rituali, e delle credenze che allo stesso tempo separano e uniscono la Chiesa al resto della società circostante.
Giochi di potere che passano sempre attraverso la conoscenza, offrono a Sorrentino molto materiale per ‘giocare’ con il suo Papa e le figure di rilievo che gli ruotano attorno (la splendida Suor Mary di Diane Keaton e l’ambiguo Cardinal Voiello di Silvio Orlando su tutti), mettendo a frutto il mezzo televisivo per veicolare ancora una volta il suo stile e il suo sguardo sul mondo. Grazie a una scrittura di rilievo capace di manipolare (come d’altronde fa lo stesso protagonista) tesi e antitesi, e grazie a un cast internazionale davvero degno di nota – che oltre ai già citati include anche Scott Shepherd (Cardinal Dussolier), Cécile de France (Sofia), Javier Cámara (Cardinal Gutierrez), Ludivine Sagnier (Esther), Toni Bertorelli (Cardinal Caltanissetta) e James Cromwell (Cardinal Michael Spencer) – Paolo Sorrentino sembra davvero aver fatto ancora una volta pieno centro.
Che piaccia o meno, che ci convincano o no le sue ‘maniere’, bisogna riconoscere a questo regista una verità incontrovertibile: sa il fatto suo e (quasi sempre) sa anche come dirlo.
Vedere per “credere”.