The Legend of Tarzan
Più di cento anni or sono Edgar Rice Burroughs scrisse il romanzo d’avventura Tarzan delle Scimmie. Da quel lontano 1912 fino ai nostri giorni il personaggio allevato da un gruppo di scimpanzé ha alimentato la fantasia non solo di numerosi lettori, ma anche quella di una folta schiera di registi. Dalla prima trasposizione cinematografica per mano di Scott Sidney, che nel lontano 1918 girò Tarzan of the Apes, i film dedicati all’uomo della giungla sono stati circa una cinquantina. Ultima versione in ordine di tempo del lungo filone tarzaniano è The Legend of Tarzan di David Yates, lungometraggio purtroppo decisamente poco riuscito.
Londra 1889. Tarzan (Alexander Skarsgård), ora John Clayton III, otto anni addietro ha abbandonato l’Africa per vivere in Inghilterra con la moglie Jane (Margot Robbie). Convinto dal parlamento inglese e da George Washington Williams (Samuel L. Jackson) a tornare in Congo per apparenti questioni commerciali, Lord Greystoke si troverà immischiato in un complotto organizzato da Leon Rom (Christoph Waltz), un avido Capitano belga agli ordini di Re Leopoldo II…
I punti deboli del lavoro di Yates – che ha al suo attivo ben quattro episodi di Harry Potter – sono davvero troppi per non far rimanere il pubblico profondamente deluso a fine proiezione. Sì, perché tutto sommato presentare una storia completamente diversa da quella che è stata sviscerata per anni in tutti i modi, poteva dimostrarsi una mossa vincente, e invece… Invece i continui flashback utilizzati per raccontare le arcinote origini di Tarzan, oltre a risultare noiosi sembrano messi lì apposta per colmare quei tanti vuoti narrativi di cui il film è pieno. La sceneggiatura di Adam Cozad e Craig Brewer appare inoltre inconsistente come il vapore e affollata da errori anacronistici e grossolani.
Altra nota dolente si scopre nei dialoghi, che, nelle intenzioni degli autori, dovrebbero suscitare in platea momenti di ilarità o di romanticismo e invece creano lunghi minuti zeppi di banalità. L’idea poi di inserire all’interno dell’opera una denuncia “socio-politica” – schiavitù, razzismo, colonialismo distruttivo – torna al mittente con la stessa velocità e potenza di un boomerang: mescolare il mondo reale con la finzione non sempre paga. E’ per questo che vedere Tarzan insieme a personaggi realmente esistiti, come George Washington Williams e Leon Rom, e scorgerlo a dorso di uno gnu, piuttosto che nei suoi spostamenti volanti tra liane, o meglio ancora nelle sue scazzottate con un gorilla, rende indigesti anche gli scarsi fotogrammi ben riusciti del film.
Ma, essendo The Legend of Tarzan molto simile a una mulattiera dove si inciampa di continuo, ecco Yates mettere il piede in fallo anche sulla splendida computer grafica. I bellissimi effetti speciali sono infatti ridondanti, e perfino gli addominali di Alexander Skarsgård non si salvano dal ritocco: una parete muscolare degna di Hulk. E così, tra coccodrilli assassini, corse di struzzi, lotte tra primati, moine di leonesse, sguardi di elefanti, cavalcate di gnu (tutti gli animali del film sono rigorosamente ricostruiti in CG), il nostro ex re della foresta ha trovato anche il tempo di depilarsi e aggiustarsi le sopracciglia: niente peli sul petto di Lord Greystoke, neppure quando viveva con la sua mamma adottiva Kala in quel della giungla congolese.
E il cast? Attori del calibro di Samuel L. Jackson o Christoph Waltz certo non brillano per bravura nei ruoli loro assegnati: Yates d’altronde non è Tarantino. Alexander Skarsgård nelle vesti di Tarzan fa rimpiangere Christopher Lambert, se non addirittura Johnny Weissmuller. Di fatto, il bel quarantenne svedese, non possedendo il carisma selvaggio dell’uomo scimmia offre un’interpretazione alquanto incolore, proprio come quella di Margot Robbie.
Cosa rimane, dunque, di quelle avventure mozzafiato in terre lontane che coinvolgevano bambini e adulti? Sfortunatamente nulla… e Yates ben lo sa.