The Front Runner - Il vizio del potere. Ma a noi che ce ne cale?

“Front runner” in americano significa “favorito”, è il modo con cui si definisce il candidato alle elezioni che è in netto vantaggio sugli altri.
Da noi in sala uscirà come “Il vizio del potere”, che nulla ha a che vedere con questa storia.
Gary Hart nell’88 era il prescelto dei democratici. Un uomo predestinato alla presidenza, quello che avrebbe reso nuovamente “azzurri” gli Stati Uniti dopo Ronald Regan.
Ma uno scandalo sessuale travolse la sua ascesa in maniera così repentina che i democratici non ebbero nemmeno modo di schierare qualcuno in grado di fermare Bush senior.

Hart fu sostanzialmente l’uomo più sfortunato del ventennio e non proprio uno stupido. Fino al giorno prima gli scandali sessuali non avevano mai interessato nessuno, anzi se pensiamo a Kennedy erano addirittura tollerati.
Improvvisamente lo scenario mondiale, grazie anche al mutamento dei media e del modo di fare informazione, non era più lo stesso. Una “scappatella” diventa una ghiotta notizia per accaparrarsi audience e sbattere il fedifrago in prima pagina e in tutti i talk show possibili.
Quindi di fatto qualcuno tira una palla curva al povero senatore e lui non la vede proprio… strike out!

Di fatto si tratta di un film “politico” un po’ come The Post o Tutti gli Uomini del Presidente, ma decisamente diverso.
Non c’è l’inchiesta che tiene lo spettatore sul pezzo, non c’è l’interesse verso un fatto noto a livello mondiale, non c’è un ensemble di attori che dà il quadro corale.
C’è la storia di un oscuro senatore, che peraltro risale a trent’anni fa, tanti dialoghi di contorno che dovrebbero fare da affresco d’insieme, ma che non sono stati scritti da un Sorkin –vedi West Wing- e che risultano un fardello pesantissimo.

Il film è terribilmente insostenibile per i primi 20 minuti, per poi avere un sussulto di vita anche grazie all’affacciarsi della vicenda del senatore. E’ un bonus di media durata, perché anche sul finale si ripiega su se stesso in una lenta agonia finale.
Salviamo il cast e una messa in scena notevole, ma per il resto è un prodotto estremamente di nicchia o per un pubblico d’oltreoceano.