The Eyes of Tammy Faye – Ascesa e discesa dei due tele-predicatori “truffaldini”
A cavallo degli anni ‘70 e ‘80 Tammy Faye (Jessica Chastain) e il marito Jim Bakker (Andrew Garfield) scalano il successo diventando i telepredicatori evangelisti in assoluto più acclamati e seguiti. Sfruttando la popolarità del mezzo televisivo e il loro carisma, i due daranno infatti vita alla rete televisiva religiosa più famosa al mondo, realizzeranno un parco a tema, e metteranno su un sistema di “donazioni” in rapida crescita, in grado di fatturare miliardi su miliardi. Tammy Faye con le sue ciglia finte e il volto pesantemente truccato diventerà così un’icona di stile, di vita, in grado di veicolare un messaggio di inclusività e altruismo che legherà potente la sua immagine alla storia di quel momento. Ma poi, all’apice del successo, dalla ricchissima attività della Faye e marito inizierà a trapelare qualche falla, a evidenziarsi una certa fragilità, emergeranno le lacune strutturali di quella loro – per certi versi ingenua - visione. In breve tempo, quell’impero cosi accuratamente costruito e mai troppo sobrio inizierà a perder colpi, svelando il volto ben più umano e “peccaminoso” dei due celebri predicatori dell’amore.
Basato sull’omonimo documentario (del 2000) a cura di Fenton Bailiey e Randy Barbato, The eyes of Tammy Faye é il dramma “laccato” ed eccentrico di una coppia unita dal destino e solidale – sin dagli anni giovanili - nella vocazione evangelica. Rivelatisi l’uno all’altra a suon di salmi, Tammy e Jim vivranno sulla loro pelle e nelle loro vite (eccentriche, eccessive, prettamente televisive) l’amore di Dio e, soprattutto, la generosità di quei tanti fedeli pronti a dispensare donazioni su donazioni in nome di una fede, e della parola di Dio. Fede tramutata in soldi, e dunque in truffa, e in tanto denaro da far letteralmente volare gli affari del duo televisivo; vite extralusso con case e abiti a dir poco sfarzosi. Un sodalizio umano ed economico, macchiato però dal delirio di onnipotenza, e che a un tratto peccherà di quell’ingenuità tipicamente umana, di quel senso di invincibilità che poi è spesso e volentieri sinonimo di fallimento. E, infatti, tradimenti, frodi, e tutta una serie di scandali affini travolgeranno l’iconico duo del “Dio ti ama” per tramutarlo nella solitudine di due esistenze condannate, infine sconfitte dai loro stessi ‘peccati’.
In questa parabola piuttosto canonica, il film di Michael Showalter (tra gli altri suoi titoli anche Hello. My name is Doris) non cerca e non trova guizzi, né nemmeno una contestualizzazione tale da sottrarre l’opera ai tanti cliché e alle tante banalità di mera rappresentazione narrativa. Una confezione troppo ordinaria che manca di cogliere e rivelare a fondo i tasselli realmente straordinari di questa storia. Tutto è confezionato a uso e consumo dello spettatore senza troppe pretese.
All’interno delle oltre due ore di film, però, a fare la differenza sono proprio gli occhi di Tammy Faye (nell’ottima, ancora una volta, prova di Jessica Chastain). Grandi, brillanti, tanto seducenti da attirare facili consensi e sguardi indiscreti, ma poi anche soli, tristi, svuotati, emarginati, spenti. In un’altra sua grande prova da attrice Jessica Chastain (un ruolo di eccessi e trasformismi forse capace di assicurarle un trampolino verso l’oscar) veste qui la sua Tammy di fragilità e forza, la accessoria di tutta una serie di emozioni e rivoluzioni interiori, e la libera in tutte le espressioni giuste a veicolare l’entusiasmo brillante prima e la delusione cocente poi di una donna volitiva ma in fondo ingenua, brillante e inconcludente allo stesso tempo. Il fuoco che brucia e poi la tristezza che la inghiotte, tutto in questo film è letto e raccontato attraverso i suoi occhi, gli occhi di Tammy Faye, come recita il titolo. Tutto il resto (forse, si puo dire!?) è noia...