The evening hour – La “controra” del declino americano

Cole Freeman vive a Creek, nella remota periferia americana del West Virginia, a ridosso dei monti Appalachi, in una comunità smarrita, testimone di una vecchia prosperità (una florida cittadina mineraria) e di un’attuale quanto inesorabile recessione. Cole, nipote di un nonno pastore-predicatore timorato di Dio, si guadagna da vivere facendo assistenza in una casa di cura per anziani, specchio e manifesto di una comunità sempre più anziana, svuotata e senz’anima, con ben poco da offrire, e dove l’unico movimento possibile è quello della vita ai margini, dentro a una roulotte o negli spazi angusti di qualche anonimo locale notturno.

Smarrito come un po’ tutti i suoi coetanei, eppure in qualche modo alla strenua ricerca di una sua emancipazione da un fallimento sociale ed esistenziale già segnato, Cole si muove stanco tra un’attività a fin di bene (il suo lavoro di cura e dedizione verso gli anziani) e una a scopo di lucro (lo smercio di pillole che si procura proprio sul luogo di lavoro). Una madre (Lili Taylor) che lo ha abbandonato anni prima, e un padre mai pervenuto, il giovane uomo si aggrappa come può a quel suo mondo di perdizione, mentre il ritorno dell’amico  d’infanzia con la volontà di affermarsi nella malavita comunitaria sarà per Cole il momento cruciale per capire da che parte stare: se scegliere la via della fuga, della salvezza o quella della perdizione.   

Basandosi sul romanzo di romanzo di Carter Sickels, il regista Braden King - autore di Here, costruisce una ballata country e malinconica su un mondo malato dalla noia, dall’indigenza, sopraffatto suo malgrado dal “peccato”. Dilatato nelle sue (eccessive) quasi due ore, The evening hour (l’ora della sera) marca strette le atmosfere e le numerose suggestioni (poi virate nei toni del thriller) che avvolgono una comunità oramai senz’arte né parte, dalla quale il protagonista Cole (un ottimo Philip Ettinger) cerca di emanciparsi, pur venendone costantemente “riacciuffato”.

Anonima e svuotata di senso, la vita di questa remota periferia americana fatta di roulotte, disoccupazione, e piccola grande delinquenza, è immersa in un’atmosfera di nostalgica perdizione, di tragica adesione a un passato che non c’è più e un futuro che fatica a vedersi. Lande desolate e paesaggi smisurati che rubano l’occhio e l’anima, che catturano ogni tentativo d’identità precipitandolo nell’anonimato e in una perdita di coscienza tale da rendere difficile – se non impossibile – la capacità di scindere bene e male, e di discernere tra giusto e sbagliato, e dove valori e ideali spesso si mescolano e confondono fino a divenire un’unica polverosa zona di confine in cui la volontà di vivere lascia, inesorabile, il passo a quella (necessaria) di sopravvivere.

The evening hour, puro cinema indie americano nella forma e nel contenuto, coglie e restituisce a suo modo la sospensione della controra del declino americano e ne evidenzia quello stato di abbrutimento che, nell’infinita geografia americana che insiste fuori dai confini di Manhattan, è fatto di desolata e silenziosa povertà sociale ed economica.

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