The Danish Girl
Ce la farà… non ce la farà… ce la farà… non ce la farà…
Lo si può fare con la margherita o recitarlo come un mantra, ma la risposta al quesito essenziale: “Leonardo DiCaprio vincerà l’Oscar?”
Dopo aver visto The Danish Girl, l’unico motivo per cui potrebbe farlo, a parte il nonsense che a volte governa l’Academy, è per meriti pregressi o perché il buon Eddie se l’è portato a casa anche lo scorso anno.
Il film di Tom Hooper è di quelli costruiti a tavolino per emozionare, e vorrei vedere visto l’argomento, ma anche per lanciare la volata al protagonista, sempre che questo sia uno bravo, ma sul fatto Che Redmayne lo sia non credo ci siano più dubbi. All’epoca del Discorso del Re, Colin Firth arrivò a meta, per I Miserabili fu la volta della Hathaway, e ora… “vai Redmayne, vai grande campione, nessuno ti segue su quello stradone…”
Perché continuare a parlare del lentigginoso protagonista? Beh perché essenzialmente tutto il film è lui. Spalle larghe per il londinese che si trasforma lentamente da Einar a Lili in maniera così naturale che tutto scorre via come se fosse facile e scontato, ma non lo è assolutamente.
Certo l’attore fa leva sulle sue caratteristiche fisiche, come anche sull’incredibile capacità dello sguardo (la stessa che nella Teoria del tutto gli ha consentito di essere Hawking) e del sorriso, armi finali per trascendere il su genere.
Alicia Vikander ha anche lei un bel fardello, essendo la controparte, lo specchio sui cui affrescare la storia e non è certo da meno, ma tant’è la grandezza del protagonista che la sua innegabile bravura passa inevitabilmente in secondo piano (in ogni caso la candidatura all’Oscar se l’è presa anche lei). D’altronde il rapporto simbiotico tra moglie e marito è talmente forte e particolare da consentire a Einar di trasformarsi in Lili sotto i suoi occhi e con la sua stessa complicità, almeno all’inizio, ma anche successivamente quando lei prende coscienza che suo marito dentro è, a tutti gli effetti, una donna.
Il film non è certo un’opera perfetta, soffre i momenti ripetitivi, qualche passaggio a vuoto e un paio di occasioni perse per approfondire dei temi, ma la forza della prestazione dei protagonisti gli consente di passare su tutto questo colpendo direttamente al cuore dei sentimenti.
In un momento di grande fermento sul tema dei trasgender, guarda caso, Tom Hooper ne cavalca abilmente l’onda.