The boy
Complice il look da classico film dell’orrore alla vecchia maniera ulteriormente rafforzato dalla curata fotografia del veterano Daniel Pearl, tornano probabilmente alla memoria le atmosfere che avevano caratterizzato The conjuring – L’evocazione (2013) di James Wan; tanto più che – come pure nel suo prequel Annabelle (2014) di John R. Lionetti – al centro della oltre ora e mezza di visione abbiamo una bambola piuttosto inquietante.
Ma, se in quei due casi manifestava connotati femminili ed era indemoniata, qui presenta le fattezze di un maschietto a grandezza naturale ed è vista dagli anziani coniugi Heelshire – interpretati da Jim Norton e Diana Hardcastle – come le reincarnazione del figlio perduto tragicamente vent’anni addietro; tanto che la coppia arriva ad assumere una giovane donna americana per far sì che se ne occupi all’interno della loro abitazione in uno sperduto villaggio inglese dal momento in cui sono costretti ad assentarsi.
Giovane donna corrispondente al nome di Greta e cui concede anima e corpo la Lauren Cohan della serie televisiva The walking dead, la quale inizia a flirtare con il ragazzo delle consegne Malcolm alias Rupert Evans prima che, appunto, qualcosa di sinistro cominci a manifestarsi.
Perché, mentre si trova ad avere a che fare anche con il fastidioso ritorno dell’ex fidanzato Cole incarnato da Ben Robson, non sono evidenti segnali premonitori di terrore a mancare durante la sua permanenza nella grande casa.
Segnali comprendenti, tra l’altro, una tesa sequenza ambientata in soffitta e che William Brent Bell – autore dell’esorcistico L’altra faccia del diavolo (2012) e del licantropico La metamorfosi del male (2013) – sfrutta al fine di accompagnare progressivamente lo spettatore verso la rivelazione del mistero che ruota attorno al fantoccio.
Pur eccedendo, però, in lentezza narrativa che gli fa rischiare di trasmettere in più occasioni noia nel costruire l’attesa nei confronti dell’ultima, movimentata parte di un horror decisamente elegante e lontano dagli schemi del facile sensazionalismo da commerciale effetto truculento.
Un horror non disprezzabile ma neppure particolarmente originale, come testimoniano i chiari rimandi al La casa nera (1991) che, diretto dal compianto Wes Craven, rientra tra le dichiarate fonti d’ispirazione dello sceneggiatore Stacey Menear insieme a Suspense (1961) di Jack Clayton e agli episodi del mitico telefilm Ai confini della realtà.