Summer camp

Già durante i titoli di testa si parla di alcuni istruttori americani scomparsi in Europa, prima ancora di vedere una ragazza che corre bendata in mezzo al bosco e di trovarli in scena, offertisi di lavorare in un campo estivo.

Un incipit che lascerebbe immediatamente immaginare di essere dinanzi ad una nuovissima imitazione iberica degli slasher d’oltreoceano proto-Venerdì 13, ma che smentisce immediatamente le aspettative del pubblico non appena i quattro protagonisti – ovvero Diego Boneta, Maiara Walsh, Jocelin Donahue e Andrés Velencoso – si trovano coinvolti in un imprevisto con un cane che sembrerebbe affetto da una sorta di rabbia.

Imprevisto destinato a precedere quello che è il loro atroce avvenire, in quanto, una volta concesso lo spazio necessario alla presentazione del poker umano, il qui esordiente dietro la macchina da presa Alberto Marini – sceneggiatore del Bed time diretto dallo stesso Jaume Balagueró in questo caso figurante in qualità di produttore esecutivo – non esita a renderli poco distanti dagli indemoniati che hanno segnato il mitico La casa di Sam Raimi.

Il giusto pretesto che basta al regista – il quale, desideroso da bambino di diventare veterinario, dichiara di aver scelto la strada del cinema dopo aver visto Profondo rosso di Dario Argento – per dare il via ad uno spettacolo interamente basato sul movimento e che gioca la sua carta vincente nel mutare di continuo da buoni a malvagi gli status dei diversi personaggi; creando, di conseguenza, una situazione in cui non è mai chiaro, per essi, intuire quando sia possibile fidarsi dell’altro.

Situazione che non manca, ovviamente, di tensione, complice oltretutto il fatto che non può fare a meno di scattare nello spettatore la molla della curiosità nei confronti di quale sia la causa scatenante di tale aggressività.

Fino al tutt’altro che banale epilogo di circa ottantaquattro minuti di visione non eccelsi e particolarmente originali, ma in grado di miscelare con mestiere gli ingredienti tipici del genere, violenza compresa (nel mucchio, un trapano conficcato sotto la pianta del piede e corpi infilzati).