Stonewall

“I moti di Stonewall, furono una serie di violenti scontri fra gruppi di omosessuali e la polizia a New York. La prima notte degli scontri fu quella di venerdì 27 giugno 1969 poco dopo l'1:20 di notte, quando la polizia irruppe nel bar chiamato "Stonewall Inn", un bar gay in Christopher Street nel Greenwich Village.” (Fonte Wikipedia).

Dalla lettura della definizione di cui sopra, ci saremmo aspettati un film “impegnato”, che trattasse le ragioni socio- politiche che portarono a quei giorni di rivolta, punto di partenza dal quale il movimento di liberazione gay americano portò a compimento un processo di emancipazione e di ottenimento della parità dei diritti civili e di uguaglianza di trattamento. Purtroppo, il taglio dato da Emmerich all’opera è di tutt’altro spessore. Sullo sfondo delle battaglie delle comunità gay, mette in scena la classica storia del ragazzo della provincia americana, costretto ad abbandonare la comunità e la famiglia di origine perché scoperto in una relazione omosessuale. E così lo vediamo arrivare a New York, in un bel giorno di primavera, e ritrovarsi assorbito dalla variopinta comunità gay – tutti coloratissimi prostituti – con i quali condivide mattine e pomeriggi ed una squallida camera d’albergo nella quale dormono ammucchiati in allegra promiscuità.

Al di là della vetusta fenomenologia dei gay colorati e starnazzanti – provocatori e sboccati – di cui avremmo fatto decisamente a meno (ma è possibile che vadano sempre descritti come soubrette di un teatro di avanspettacolo di terz’ordine ?), il film ondeggia tra melò e cronaca degli eventi, miscelando elementi reali ad altri frutto dell’immaginazione ed il risultato è un pastrocchio dove il conflitto tra impegno e sentimento, che dovrebbe (potrebbe?) essere il fulcro del film rimane senza sviluppi, accennato tra una rissa di bar, intellettuali dediti al tradimento, oscuri ed inquietanti personaggi, mostri in tacco a spillo da far rabbrividire anche il più smaliziato tra gli spettatori. E a complicare la vicenda ci sono ruffiani in odor di conversione, poliziotti corrotti e poliziotti che scambiano il dovere per una guerra santa. Anche la narrazione non convince. In alcuni momenti si perde il filo della consequenzialità dei fatti e proprio quello che avrebbe dovuto essere l’attimo topico dell’opera (ossia lo scatenarsi della rivolta contro gli agenti che presidiavano lo Stonewall Bar) arriva improvviso senza una tensione narrativa che avrebbe dovuto accompagnare l’evento.

Insomma Roland Emmerich, narratore dei grandi eventi catastrofici (“The Day After Tomorrow”, ”2012”), di fronte ad un grande evento politico e storico, non si eleva da uno scontato melodramma, lasciandoci, francamente, fortemente perplessi.