Smetto quando voglio - Masterclass
Prima di tornare indietro di un anno e mezzo, quando lo specialista in chimica computazionale Alberto Petrelli interpretato da Stefano Fresi si ritrovò coinvolto in un incidente automobilistico notturno, si riparte direttamente dal ricercatore Pietro Zinni alias Edoardo Leo, impegnato a conversare con la moglie Giulia che, incarnata di nuovo da Valeria Solarino, è andata a trovarlo in carcere. Ma è soltanto dal momento in cui l’ispettore Paola Coletti con le fattezze di Greta”Suburra”Scarano entra in scena per proporre al protagonista di rimettere in piedi la sua banda di ricercatori improvvisatisi pusher e creare una task force atta a fermare il dilagare delle smart drugs che abbiamo il ritorno dell’archeologo Arturo Fantini, dell’esperto in macroeconomia Bartolomeo Bonelli, dell’antropologo Andrea De Sanctis e dei latinisti Mattia Argeri e Giorgio Sironi, ovvero Paolo Calabresi, Libero De Rienzo, Pietro Sermonti, Valerio Aprea e Lorenzo Lavia.
Combriccola che avevamo amato nell’esplosivo debutto registico di Sydney Sibilia Smetto quando voglio e che coinvolge in questo Smetto quando voglio - Masterclass – a firma dello stesso regista – anche tre nuovi personaggi: l’anatomista teorico Giulio Bolle, riciclatosi in match di lotta a Bangkok, il laureato con il massimo dei voti in ingegneria meccanica Lucio Napoli, divenuto un signore della guerra low cost in Africa Equatoriale, e l’avvocato Vittorio, cui concedono rispettivamente anime e corpi Marco Bonini, Giampaolo Morelli e Rosario Lisma.
Nuovi personaggi pronti ad essere tirati in ballo all’interno di una seconda frenetica avventura che, mirata ad estendere ulteriormente (e ricorrendo alla consueta ironia) il panorama introdotto da un capostipite che consentì di spingere a riflettere sulle conseguenze di un sistema scolastico e lavorativo che non sembra volerne più sapere di funzionare in maniera onesta, guarda sempre più alla cinematografia di genere. Perché, se i titoli di giornale “La polizia sta a guardare” e “Roma violenta” sono due chiari omaggi ai due omonimi lungometraggi poliziotteschi degli anni Settanta, vuole essere un dichiarato rimando alla saga di Indiana Jones lo sfruttamento di sidecar tedeschi risalenti alla Seconda Guerra Mondiale, rientranti nell’assurdo equipaggiamento che include, inoltre, una sostanza antiproiettile e pneumatici airless (!!!). Senza contare il furgone con modifica al NOS utilizzato, tra l’altro, per una distruttiva fuga nel bel mezzo di un parco archeologico romano, regalando soltanto una delle diverse situazioni d’azione comprendenti anche una lunga e tesa lotta proto-“Mission: impossible” sul tetto di un convoglio in corsa. Lunga e tesa lotta che finisce per rappresentare il momento migliore dell’insieme, non privo neppure di una sequenza animata allucinogena e che, tra una blogger impicciona in agguato e un Luigi Lo Cascio destinato ad unirsi al già ricco cast, approda ad un finale apertissimo che provvede a creare la giusta aspettativa nei confronti del già girato Smetto quando voglio – Ad Honorem, in maniera analoga a quello del secondo Ritorno al futuro.
E, con ogni probabilità, soltanto una volta visionato anche quel capitolo conclusivo sarà possibile elaborare il giusto giudizio per quanto riguarda questo non disprezzabile secondo, tecnicamente lodevole ed infarcito di una sufficiente manciata di occasioni atte a generare divertimento, ma che lascia tranquillamente avvertire la maniera in cui i tempi comici tendano ad essere in parte sacrificati – con qualche infiacchimento di narrazione – a causa del dilatamento della continuazione in due diversi tasselli.