Skiptrace - Missione Hong Kong

Pare che l’ammirazione da parte della star delle pellicole d’arti marziali cinesi Jackie Chan nei confronti del cineasta di origini finlandesi Renny Harlin risalga addirittura ai tempi in cui mise per la prima volta piede sul tappeto rosso di una premiere hollywoodiana, ovvero quando venne invitato come ospite da Sylvester Stallone alla prima di Cliffhanger – L’ultima sfida (1993), diretto proprio da colui che già ci aveva regalato Nightmare 4 – Il non risveglio (1988) e Die hard 2 – 58 minuti per morire (1990).

Chi glielo avrebbe detto che, ad oltre vent’anni di distanza, sarebbe stato un detective di Hong Kong sulle tracce di un boss del crimine organizzato incarnato da Winston Chao all’interno del suo diciannovesimo lungometraggio?
Detective che, superato un tragico prologo, vediamo subito alle prese con una retata antidroga dagli esiti grottescamente disastrosi; prima ancora che si lanci alla ricerca di un giocatore d’azzardo americano, colpevole di aver messo nei guai con il malavitoso proprio la sua figlia acquisita, cui concede anima e corpo la Bingbing Fan di X-Men – Giorni di un futuro passato (2014).

Giocatore d’azzardo con il volto di Johnny Knoxville, che riporta sulla costa meridionale della Cina per scoprire cosa sia accaduto alla ragazza e cercare di consegnare alla giustizia l’uomo di cui è alla caccia; segnando soltanto l’inizio di una corsa contro il tempo destinata a catapultare entrambi in una serie di movimentate situazioni, dalle montagne della Mongolia al deserto dei Gobi.

Del resto, tenendo in considerazione la filmografia di chi si trova dietro la macchina da presa, è facile intuire che non sia certo l’azione a risultare assente nel corso della oltre ora e quaranta di visione, sguazzante tra scontri corpo a corpo con la statuaria wrestler Eve Torres ed avventure in zattera in mezzo alle rapide. Come pure è facile intuire che, con due protagonisti come l’interprete de La gang degli svitati (1985) e l’ideatore del programma televisivo Jackass, l’ironia non possa essere altro che presente in dosi massicce.

Tanto che non manca neppure una divertente battuta in riferimento a Jerry Maguire (1996) con Tom Cruise in quello che manifesta i connotati di una folle operazione guardante in maniera evidente agli action movie hongkonghesi degli anni Novanta, ma infarcita di comicità molto poco distante da quella sfruttata nei cinepanettoni nostrani.  

Rischiando a lungo andare di rendere eccessivamente fracassone uno spettacolo che, pur non eccellendo e scendendo a tratti sotto la sufficienza, si lascia guardare da chi è in cerca di una serata a cervello libero da pensieri davanti al grande schermo.