Seconda Primavera

Capita a volte di uscire da una sala di proiezione con la netta sensazione di aver sprecato il proprio tempo, ma poi, con il passare dei giorni, attraverso la sedimentazione e l’elaborazione critica, il giudizio può cambiare notevolmente. Purtroppo, per quanto mi riguarda, a distanza di una settimana dalla visione di Seconda Primavera, il mio iniziale parere negativo non ha subito variazioni.

Il film di Francesco Calogero è un prodotto low budget realizzato anche con la sovvenzione della Regione Sicilia, la storia infatti si svolge interamente a Messina e dintorni. Ma, la non proprio brillante riuscita dell’opera non è imputabile al suo basso costo, bensì alla narrazione retorica e ridondante che la rende a tratti caotica e noiosa.

In Seconda Primavera, dove nell’arco di circa un anno e mezzo si incrociano le vicende di quattro personaggi, tutto ruota attorno al protagonista principale, Andrea (Claudio Botosso), un apatico architetto cinquantenne senza più slanci emotivi. L’incontro fortuito con la giovane Hikma (Desirée Noferini) sembra però far nascere in lui una rinnovata voglia di vivere: una seconda primavera, per l’appunto.

Strutturato in capitoli in base alle stagioni, Il film vorrebbe essere poetico e intimista, peccato che, per la banalità sia dei dialoghi che della trama, il risultato non sia poi dei migliori. I continui rimandi letterari -  Herman Hesse, T.S. Eliot, Edgar Allan Poe, Shakespeare, per elencarne solo alcuni -  e le numerose citazioni cinematografiche, ad esempio Hitchcock e Godard, rivelano una dose di pretenziosità un po' fastidiosa e del tutto fuori luogo. Seconda Primavera, che poteva essere un film sull’amore e sul suo mistero, a causa delle troppe approssimazioni si riduce a un percorso zoppicante e frastagliato: un cammino lastricato di pensieri lasciati in superficie.

I tanti temi trattati nel film, al di là di quello amoroso, riguardano la morte, l’elaborazione del lutto, la rinascita, le differenze etniche e religiose, la speculazione edilizia e l’abusivismo: troppi, e confusi. In questo girotondo di pressapochismo concettuale l’idea di porre al centro del racconto la magnifica villa panoramica di Acqualadroni è uno dei suoi pregi: quel luogo nascosto con il suo splendido giardino, abbandonato in Inverno e rigoglioso in Primavera, è una vera gioia per gli occhi. Ma può bastare una bella location a risollevare le sorti di Seconda Primavera? Anche se con grande dispiacere, la risposta è no. E neppure il bravo Nino Frassica, con le sue poche ma azzeccate battute, riesce a reggere il timone di un cast artistico così evanescente.

Può darsi che lo scarso entusiasmo per questo film sia legato ai miei gusti personali, ma la battuta sorge qui spontanea: non è bello ciò che è bello… ma che bello che bello che bello! Nino Frassica, alias Frate Antonino di Scasazza, Quelli della Notte, 1985.