Rogue One: A Star Wars Story
Eccoci al primo spin-off della saga più famosa dell’orbe terracqueo: Rogue One: A Star Wars Story.
Hype, come piace dire a quelli che studiamo marketing e trend, altissimi e soprattutto paura del flop, perché alla fine è uno “Star Wars”, ma non Star Wars!
E invece, un po’ come le seconde linee dei film Marvel (fenomeno ben noto alla Disney), ecco la sorpresa: il film spacca!
Certo che proprio questo essere un po’ al di fuori, under dog, seconda linea o come preferite dirlo, aiuta. Si può osare, si possono percorrere strade nuove, si possono usare personaggi slegati dal resto.
Uno su tutti il Grand Moff Tarkin, che qui finalmente mostra il suo vero volto di spietato scalatore privo di ogni scrupolo, oppure Orson Krennic, lo scienziato a capo del progetto Morte Nera.
Inoltre il tono è decisamente più cupo e meno fanciullesco dei precedenti capitoli.
Si tratta di un vero e proprio “war movie”, con scene che farebbero invidia a Salvate il Soldato Ryan.
Come ormai tutti sapranno la storia verge sul recupero dei piani della Morte Nera da parte dei ribelli. La giovane Jyn Erso, figlia di uno dei principali ideatori dell’arma, sarà a capo di un manipolo di uomini, insieme al capitano Cassian Andor dei servizi segreti ribelli, deputato all’intrusione all’interno degli archivi imperiali. Un vero e proprio assalto su larga scala per la chiave che porterà alla scoperta del punto debole dell’ordigno.
L’approccio, a parte lo sconto iniziale dell’introduzione dei nuovi protagonisti, è quello di uno scenario bellico importante. Passiamo dagli scontri in stile terroristico, che non possono non rimandare alla triste realtà odierna, fino a quelli su larga scala della Seconda Guerra Mondiale, ivi compreso l’uso di “armi finali”, d’altronde la Morte Nera (ed i relativi dubbi esistenziali dei suoi creatori) non è che lo specchio del Progetto Manhattan e relativa bomba H.
Probabilmente Gareth Edwards ha strizzato un po’ l’occhio ai fans inserendo qualche personaggio “cool” di troppo, ma effettivamente senza Chirrut, Baze e Saw, il film sarebbe stato troppo essenziale. Il risultato però è coinvolgente e spettacolare, oltre che inatteso nel suo sviluppo finale.
La cosa migliore del film: 5 minuti del vero Darth Vader. Finalmente l’uomo più potente della galassia all’opera: inarrestabile, spietato, esiziale come dovrebbe sempre essere stato. Non il cagnolino di Tarkin, né il vassallo dell’imperatore, ma una macchina di morte.
La cosa peggiore: la durata. Se vogliamo un filino lungo ma non eccessivo.
Nella mia personale classifica degli Star Wars… numero due!