Ricordi: una delicata riflessione sulle "memorie" d'amore nell'opera seconda di Valerio Mieli
Lui (Luca Marinelli) fa il docente di Storia romana, è introverso e malinconico. Lei (Linda Caridi), invece, è ottimista e solare, sempre alla ricerca di un motivo per sorridere o gioire della vita. Il loro incontro, estatico, segnerà l’ora x di una relazione intensa e avvolgente, una di quelle che sembrano non dover finire mai. Amanti appassionati e amici affiatati, i due ragazzi, presi dalla forza del loro sentimento, si troveranno presto a convivere sotto lo stesso tetto, gettando le basi di quella che dovrebbe essere un’unione duratura. Spazi e cose condivisi che radunano insieme il bagaglio di due vite, sommando insieme memorie e scatoloni delle vite del passato. Ma mentre Lei vive appieno nel presente ed è capace di apprezzare la vita in quanto tale, cercando sempre di cogliere ogni bellezza nell’attimo in cui la si vive, Lui vive soggiogato dal suo mondo pieno di ricordi, fili di storie passate che si mischiano e si sovrappongono finendo per estinguere anche il confine tra realtà e percezione, vita reale e immaginazione.
A dieci anni di distanza da Dieci Inverni (sorprendente lungometraggio d’esordio), il regista italiano naturalizzato francese Valerio Mieli torna a indagare la complessità dei rapporti, dei sentimenti, decostruiti in quella distanza che se in Dieci inverni appariva più che altro il frutto di ellissi temporali qui in Ricordi? è invece fondante, esistenziale, capace di dilatare lo spazio del tempo presente verso una proiezione d’infinito.
Con la sua regia, ancora una volta, ponderata e avvolgente Mieli accarezza i suoi protagonisti entrando di peso nella complessità dei loro stati d’animo, facendo emergere quella digressione della mente che poi incide sulla diaspora della visione comune, e dunque di una relazione. E se è vero che il presente è qualcosa di inafferrabile in quanto già passato nel momento stesso in cui lo si pronuncia, Ricordi? ingaggia soprattutto una lotta intestina tra la pressione esercitata da ciò che è stato (il passato) e l’attrattiva esercitata da ciò che potrebbe essere (futuro), ma non è detto che sarà.
Nel film di Mieli le fila del destino ma anche della precarietà delle pulsioni sentimentali riempiono l’enorme spazio bianco che tra Lui e Lei determinerà la possibilità o l’impossibilità di stare insieme, in una dimensione in cui l’economia temporale non sempre va di pari passo con quella emozionale. Come accadeva in Dieci inverni, infatti, anche qui il tempismo relazionale è un perpetuo fuori synch percettivo ed emozionale che il regista riempie di sovrapposizioni e immagini, converge verso un Senso che sembra andare oltre la storia stessa per abbracciare invece una dimensione meta-narrativa.
Forse meno centrata e a fuoco della precedente, l’opera seconda di Mieli evidenzia ancora una volta la sua capacità di “intimizzare” e poeticizzare il flusso sentimentale e narrativo della vita realizzando opere che (con una cifra stilistica molto più vicina a quella del cinema francese che non del cinema italiano) riescono a veicolare percezioni ed emozioni con incanto e naturalezza.