Riccardo va all’inferno. Un irriconoscibile Massimo Ranieri nella riuscita opera dark di Roberta Torre

Nel buio e a volte asfittico cinema italiano, dove elementi quali originalità e idee sembrano essersi sperduti ‘in una galassia lontana, lontana’, l’ultima opera di Roberta Torre pare quasi un bagliore di luce venuto a illuminare la via da seguire per non smarrirsi definitivamente nella palude della banalità filmica. Sì, perché quando si erano ormai perdute le speranze, ecco che a spezzare la lunga catena di sequel, remake e adattamenti di romanzi interviene una regista donna con un prodotto stravagante, ipnotico, spiazzante e maledettamente riuscito. Presentato nella sezione After Hours del Torino Film Festival 2017, Riccardo va all’inferno, contemporanea rilettura in chiave dark-pop della famosa tragedia shakespeariana Riccardo III, è un musical sui generis capace di catturare l’attenzione del pubblico dal primo all’ultimo istante di proiezione: un soffio di vitalità inattesa, e per questo ancor più gradita.

Dopo avere trascorso gran parte della vita in manicomio, Riccardo Mancini torna finalmente a casa: un fatiscente castello nell’immaginifico regno del Tiburtino Terzo, la periferia romana in cui risiede la nobile famiglia Mancini, clan malavitoso dedito principalmente allo spaccio di stupefacenti. Le redini del malaffare sono rimaste per anni in mano alla potente Regina Madre, ma con il rientro del figlio la lotta per la corona raggiungerà livelli di inaudita crudeltà e violenza…

Riproponendo il genere musical, Roberta Torre catapulta lo spettatore in un ambiente distopico abitato da personaggi mostruosi, e al contempo attraenti, che agiscono spinti da brama di potere, paura, vendetta e follia. Tra coreografie alla Lady Gaga, pistole tempestate di diamanti, lampadari a goccia, candelabri a profusione ed eccentrici e bizzarri costumi elisabettiani ci si addentrerà in un tanto singolare quanto esplosivo mix di epoche dove l’unico luogo riconoscibile, e dunque reale, sarà la scalinata in cemento armato di Corviale. In una Roma dal volto spettrale, la filmmaker di Tano da morire mette in scena un’opera nera come la pece, un lavoro rischiarato soltanto dal tono rosso acceso di labbra e unghie delle protagoniste e dai vividi colori dei loro abiti. E se il re indiscusso di questo affascinante mondo allucinogeno è un irriconoscibile Massimo Ranieri che, rasato a zero, gobbo, claudicante e avvolto in un corvino mantello di pelle, scende negli inferi più cupi per regalare agli spettatori una memorabile interpretazione, il trono di regina spetta invece alla superlativa Sonia Bergamasco, qui ombra occulta e unica responsabile della pazzia di Riccardo.

Con la sua rappresentazione di una delle figure più tetre e violente descritte dal poeta inglese, e scegliendo proprio quel Ranieri di Rose Rosse a ricoprirne le vesti, la Torre è riuscita a destrutturare qualsiasi schema classico per dar vita a un lungometraggio visionario, innovativo e perturbante: nella stantia industria cinematografica italiana, un'impresa di tutto rispetto. Ecco che allora “L’inverno del nostro scontento...” e “Un cavallo, un cavallo, il mio regno per un cavallo!”, in Riccardo va all’inferno si trasformano nel canto pop di un uomo deforme che fa i conti con se stesso e con il proprio tragico destino, un essere tradito da chi più avrebbe dovuto amarlo e che a sua volta ingannerà: funesto prologo di imminenti sciagure e triste epilogo di malati amori.

Il cantante napoletano, nonché ottimo attore, aggiungendo pathos a una storia dalle tinte gotiche e dall’atmosfera psichedelica, dimostra ancora una volta, se mai ve ne fosse bisogno, la sua grande abilità sia di cantante che di artista a tutto tondo. La suggestiva colonna sonora e gli importanti testi di Mauro Pagani, la bravura dell’intero cast, la splendida fotografia, le magnifiche scenografie, gli impeccabili costumi, il fluido montaggio e l’indiscussa capacità registica della Torre sono inoltre tutti fattori che inducono a chiudere un occhio su qualche piccola leggerezza di sceneggiatura.

Nelle sale dal 30 novembre grazie a Medusa Film, Riccardo va all’inferno traghetterà gli spettatori all'interno di quest’ultima fatica cinematografica di Roberta Torre: enigmatica, anticonformista, immaginaria, surreale ma anche dannatamente reale… proprio come, è lecito immaginare, anche la sua regista possa essere.