Regression

Cosa ci fa la Emma Watson della gettonatissima saga fantasy Harry Potter nelle mani del cileno classe 1972 Alejandro Amenábar, autore, tra l’altro, della ghost story The others e del thriller Apri gli occhi, in seguito oggetto del rifacimento a stelle e strisce Vanilla sky interpretato da Tom Cruise?

Veste i panni della Angela Gray che, trovati rifugio e pace nella religione dopo aver perso la madre in un incidente automobilistico, confessa di essere stata violentata dal padre John Gray alias David Dencik, il quale ammette la propria colpa senza averne memoria.

E, ambientata nel Minnesota del 1990, è da fatti realmente accaduti negli Stati Uniti durante gli anni Ottanta che prende spunto la oltre ora e quaranta di visione; destinata a tirare in ballo sia il David Thewlis de La teoria del tutto nel ruolo dello psicologo che smaschera un orribile mistero nell’aiutare l’uomo a rivivere i suoi ricordi, sia Ethan Hawke in quello del detective Bruce Kenner, sempre più coinvolto nelle indagini sull’accaduto.

Indagini che, come avvenuto in Liberaci dal male di Scott Derrickson, sembrerebbero riguardare qualcosa di diabolico; anche se, in questo caso, anziché essere privilegiati gli esorcismi e l’azione ci si riallaccia in maniera evidente al filone delle sette sataniche cinematograficamente cavalcato dagli spagnoli tramite titoli quali Nameless – Entità nascosta e Darkness di Jaume Balagueró tra la fine del XX secolo e l’inizio del successivo.

Perché, pur senza dimenticare un rito con cannibalismo, una sequenza di sesso da incubo e il memorabile momento dal sapore anni Settanta in cui la nonna della protagonista si trova alle prese con misteriose voci nella casa, più che un horror si rivela un thriller psicologico con sfumature di giallo quello che prende progressivamente forma.

Un thriller psicologico tecnicamente lodevole e le cui cupe atmosfere - dichiaratamente ispirate a quelle dei super classici Rosemary’s baby – Nastro rosso a New York di Roman Polanski e L’esorcista di William Friedkin – finiscono per rivelarsi il suo pregio più grande insieme all’atipico epilogo dal (retro)gusto di critica sociale verso la psicosi di massa.

Per il resto, si rimane dalle parti dell’operazione senza infamia e senza lode.