Regali da uno sconosciuto - The gift
“Una bella coppia apre la porta ad un estraneo che sconvolge, in seguito, la loro vita”.
È quanto osservato dall’attore australiano Joel”Warrior”Edgerton per sintetizzare quale sia l’idea di partenza del suo primo lungometraggio da regista, in cui, appunto, ricopre il ruolo dell’estraneo.
Estraneo che porta il nome di Gordo e che, dopo un casuale incontro, comincia a trascinare in una spirale di esperienze sconvolgenti la vita di Simon e Robyn, ovvero il Jason Bateman di Voglia di vincere 2 (1987) e la Rebecca Hall di Iron man 3 (2013), apparentemente all’apice della propria ascesa professionale e personale in quanto lui, a quanto pare, sta salendo velocemente i gradini della carriera.
Spirale comprendente visite indesiderate e regali inaspettati, man mano che la tensione sale accompagnando la lenta evoluzione della vicenda, in un primo momento accomunabile al filone dei pericolosi stalker su celluloide in cui rientrano, tra gli altri, Uno sconosciuto alla porta (1990) di John Schlesinger e Ossessione omicida (2014) di Sam Miller.
Soltanto in un primo momento, però, perché la oltre ora e quaranta di visione non tarda a rivelarsi un racconto da schermo atto ad ammonire sulle conseguenze che derivano dalla mancanza di responsabilità, rendendo in minima parte il tutto accostabile, in un certo senso, al Bed time (2011) diretto dallo spagnolo Jaume Balagueró.
Un racconto da schermo che evoca secondo The Hollywood reporter Alfred Hitchcock e Attrazione fatale (1987) di Adrian Lyne, ma che, in realtà, pur garantendo suspense e sussulti improvvisi sembra rientrare più negli schemi del dramma che in quelli del thriller a tutti gli effetti.
Dramma oltretutto attraversato da un profondo e tutt’altro che trascurabile sottotesto di denuncia sociale e che, destinato a suo modo a ribadire che le brave persone meritano cose belle, riserva nel secondo tempo la sua fase più riuscita.
Ed a rappresentare il valore aggiunto ad un’operazione altrimenti senza infamia e senza lode provvede la capacità di gestire inaspettati cambi di registro senza scadere mai in banalità... compresa una chiusura talmente fuori dagli stilemi classici e dall’happy ending che spinge addirittura a chiederci se sia consolatoria oppure no.