Poveri ma ricchi

Il punto di partenza è la commedia francese Les Tuche, diretta nel 2011 dallo stesso Olivier Baroux che ne ha poi curato cinque anni più tardi il sequel Les Tuche 2 – Le rêve américain; ma, tenendo in considerazione il fatto che, nel ruolo della nonna, abbiamo la mitica Anna Mazzamauro, è facile pensare che Poveri ma ricchi annoveri tra i suoi modelli d’ispirazione anche il Tutti possono arricchire tranne i poveri interpretato nel 1976 dalla signorina Silvani di fantozziana memoria insieme ad Enrico Montesano. Perché, se lì trovavamo una coppia operaia di Torino alle prese con la maldestra gestione della ingente somma fruttata da un tredici al Totocalcio, qui si tira in ballo una povera famiglia residente in un piccolo paese del Lazio che, in seguito all’inaspettata vincita di cento milioni di euro, decide di mantenere segreta la notizia e di fuggire in un lussuosissimo hotel di Milano per evitare di essere perseguitata da sedicenti amici e conoscenti.

Una famiglia alla cui testa abbiamo un papà Christian De Sica che, fornito di grottesca capigliatura riccia e bionda proto Rudi-Völler, non manca neppure d’immergersi con esilaranti conseguenze in un’altolocatissima mostra d’arte affiancato dalla moglie Lucia Ocone; man mano che si rende conto del fatto che i nuovi miliardari sono tutti low profile e di sinistra, propensi a mangiare poco o niente, ad andare in giro su biciclette o macchinette elettriche ed a fare beneficenza perché amano sentirsi buoni. Verità o licenza puramente cinematografica, si rivela in ogni caso la tematica giusta attraverso cui il cineasta romano Fausto Brizzi aggiorna al XXI secolo la critica agli arricchiti e lo scontro tra diverse classi sociali non poco cari alla Commedia all’italiana – della quale richiama in alcune situazioni Le vacanze intelligenti di Alberto Sordi in Dove vai in vacanza? – e ai suoi degni eredi Carlo ed Enrico Vanzina. Nomi, questi ultimi due, i cui lavori sono ricordati in maniera evidente sia per quanto riguarda la tipologia di comicità sfruttata – tra sguaiatezza romanesca e gag a base di cafoneria – che la struttura della lodevolissima sceneggiatura – con tanto di inaspettato colpo di coda – a firma dello stesso regista in coppia con il fido Marco Martani.

Sceneggiatura che, oltre a ribadire che i soldi non rappresentano tutto ma è meglio se vi sono, sembra guardare ad una determinata tipologia di leggero spettacolo tricolore da schermo risalente agli anni Ottanta anche nel momento in cui, in modo analogo a ciò che fece il sopra menzionato Montesano in Grand Hotel Excelsior, l’Enrico Brignano cognato del protagonista escogita una frenetica corsa continua per non far scoprire il suo nuovo status di benestante alla giovane dipendente dell’albergo Lodovica Comello, che detesta i ricchi e della quale si innamora. Mentre il bravo imitatore Ubaldo Pantani e i giovanissimi Giulio Bartolomei e Federica Lucaferri completano l’allegra combriccola destinata a regalare risate in abbondanza agli spettatori... complice, inoltre, un divertentissimo cameo del cantante Al Bano Carrisi nella parte di se stesso.