Pirati dei Caraibi: La Vendetta di Salazar
“Battere il erro finché è caldo”, “Squadra vincente non si cambia”, “Dove si mangia in quattro, si mangia anche in cinque” e via dicendo… tutta una serie di motti che giustificano il quinto film di un franchise che molti davano per morto già al mediocre terzo. Invece c’è stato un’altra mediocre prova con Oltre i confini del mare (a proposito vi sarete accorti tutti che i titoli italiani dei film sono dei veri e propri parti della fantasia), e ora… il quinto!
Come per Fast & Furious, si torna alle origini, e quindi “pezzi originali”, ovvero un Turner (il figlio) e anche Orlando Bloom per buona misura.
Poi, ovviamente Jack Sparrow/Depp, il suo antagonista per antonomasia Barbossa/Rush (anche i grandi attori devono mangiare… bene) e un fantasmone, che sembra essere il “segno” della saga.
Stavolta il nemico è spagnolo, si sa quanto gli spagnoli abbiano fatto sudare i pirati, e quanti ne abbiano “appesi”, Salazar/Bardem. A dire la verità dell’attorone riusciamo a scorgerne solo l’ombra, essendo costantemente in forma ectoplasmatica computerizzata.
Mancherebbe solo la componente femminile… sorta di scienziata ante litteram, anche un po’ suffraggetta, giusto per gradire: Carina/Scodelario.
Tanti bei pezzi che uniti formano il puzzle dei pirati che tanto piace ai giovani!
Ovviamente il film è superiore, nettamente, alle ultime due prove, ma non raggiunge l’inarrivabile primo capitolo. I due registi norvegesi, ma soprattutto Terry Rossio (deus ex machina della saga) e il suo padawan Jeff Nathanson (che aveva già messo mena all’ultimo Indiana Jones!!!), ce la mettono tutta: effettoni, grande azione, belle scene, battutine e un filino di horror, oltre a qualche bel coup de théatre, ma la sensazione è quella di mangiare la ribollita: buona, ma non è il caciucco!
La cosa peggiore del film è Jack Sparrow, purtroppo. L’abile e astuto capitano ha lasciato il posto a una sorta di clown ubriacone, che solo a tratti sembra ricordarsi del suo retaggio o quanto meno di quello che è successo nei precedenti film. Non serve un nuovo Charlot, che peraltro è ben lungi, servirebbe qualche scena scritta meglio, tanto da motivare lo stesso Depp a fare qualcosa che non sia ciondolare e grignare (la sua scena d’apertura è un pianto mascherata solo da molta molta azione).
L’azione infatti dovrebbe essere la panacea per tutti i mali, ma alla fine è troppa, e ne risente la profondità della storia che resta una favoletta semplice semplice.